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Non sono stato un grande estimatore dello “S-Low Tour” nei clubs. Un tour così doveva essere fatto solo nei teatri, e l’occasione del Teatro Masini a Faenza nel novembre scorso lo dimostrò. Quella che era una prova del tour ufficialmente iniziato poi solo a febbraio fu in realtà un’esperienza sensoriale affascinante e unica: sentire il fragore dei Marlene come compresso in un pugno, liofilizzato, concentrato, ben sapendo che l’opera di sottrazione era stata fatta solo perché così deve essere per chi cerca la bellezza ovunque, e la cerca anche in una location bella e colta come è quella di un teatro. Seduti, per riuscire a dedicare la massima attenzione ad ogni piccola nota e inneschino di Tesio, ad ogni strisciata svogliata di Maroccolo, ad ogni intonazione tesa di Godano.
La serata al Fuori Orario, era la seconda della tournée, fu terribilmente dimenticabile: troppa la distrazione che provocavano i Marlene s-low in quel tempio di sgambettanti sgarlettati pronti per ballare Liga e Vasco dopo il concerto, con un chiacchiericcio più alto degli amplificatori di Riccardo. Risultato: la settimana dopo lasciai un mio amico all’Estragon e me ne andai al Covo vedere i Cooper Temple Clause, poi lo ripresi e scoprii da più campane che l’esibizione bolognese aveva reso maggiormente. Mah. Riporto per onor di cronaca ma non mi fido. A maggio al Vox poi di “S-Low” io ne sentii poco, a me i M.K. sembrarono tornati uguali al solito tanto che scopro solo ora dal booklet di “S-Low” che quella data era slow.
Si è tediato con questo excursus perché lo “S-low Tour” adesso è – appunto – un cd, e mi piace poter dire che ne sono contento. Potrebbe sembrare contraddittorio, ma in realtà non lo è. Il perché è semplice: ora si può nuovamente assaporare con la necessaria riflessione ogni piccola sfumatura, ogni passaggio calibrato con il bilancino, ogni… insomma, avete capito, l’ho già scritto. Lo si può fare tranquilli, in macchina, nella propria sala, nella propria cameretta. In realtà i Marlene non sarebbero fatti per essere gustati così, al chiuso. Ho sempre pensato che i loro live migliori fossero quelli estivi, in posti aperti, con più watt e più sudore per onorare come si deve, cioè pogando, “Cometa” e altri pezzi del genere. Ma – si sa – crescono tutti e anche i nostri eroi, come noi, diventano adulti, per cui siamo perfettamente sulla stessa lunghezza d’onda nel volere ascoltare dei M.K. più adulti, e grazie allo “S-Low” lo possiamo fare.
Si ringrazia vivamente per aver messo nero su bianco la versione incalzante di “Schiele, Lei, Me”, quell’inizio ultraterreno (sicuramente idea del buon Gianni ‘Acau’ Maroccolo) di “Lieve” e soprattutto quel crescendo indiavolato e inarrestabile di “Amen”, una versione che rimarrà negli annali. Non si sa quali annali, io posso certificare solo per i miei ma ho l’impressione che quell’enfasi sia davvero rara da trovare in giro. Resta solo una considerazione da fare: “Live In Catharsis” non è nemmeno un centesimo di come erano i Kuntz dal vivo, “S-Low” è meglio su cd che dal vivo. Cosa potrà voler dire? Forse, che il diventare adulti è dannatamente prevedibile.