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I Kooks vanno fortissimo, e all’Estragon lo hanno dimostrato. Un gruppo giovane giovane, fresco fresco, svelto svelto da leccarsi le orecchie, come mi pare dicesse il buon Greggio al tempo del Drive In. Sono i paladini delle nuove generazioni ed è comprensibile, anche se la loro musica non dice, per ora, nulla di nuovo. Ascendenze precise dei Police nel reggae mischiato ad un rockettino di vaga ispirazione veloce (pop-punk?), prima di vederli dal vivo avremmo potuto definirli i Finley inglesi e anche dopo ci sentiamo di notare una certa comunanza d’approccio con il gruppo di Legnano, ma la pasta è tutt’altra. I Kooks sanno suonare troppo bene, in primis il chitarrista solista Hugh Harris, uno di quelli che ti entra ancora nel momento giusto con il perfetto gusto d’assolo quasi blues neanche fosse un chitarrista di altri tempi.
Oltretutto si muovono troppo bene sul palco per essere una band al primo tour importante, evidentemente il milione di dischi che si dice abbiano venduto o sono meritati o li hanno fatti crescere in fretta.
Il suono live dei Kooks è liquido, scorre via bene, magari sopra la pelle ma in modo piacevole. “Naive” diventa più movimentata della versione su disco, mentre un’invasione di cellulari che sinceramente non avevo mai visto ad un concerto, forse perché sono abituato a frequentare solo esibizioni che attirano altre cariatidi come me, riprendevano il tutto in contemporanea facendo sembrare l’Estragon il palco più ripreso sulla Terra in quell’istante. Il resto della scaletta è ovviamente il loro esordio “Inside In / Inside Out”, in poco meno di un’oretta di concerto.
Qua e là si affaccia la sfacciataggine degli Strokes o l’energia dei primi Supergrass, ma permane una patina di strizzatina d’occhio ammiccante che i due gruppi citati non hanno e non avevano, per cui alla fine dell’esibizione si devono lasciare i Kooks dall’altra parte della staccionata, nel cortile comodo dei gruppi mainstream.
Nema problema, sono gradevolmente ascoltabili anche così. Se però scavalcheranno quella staccionata diventando un po’ più monelli, beh, allora potrebbero davvero mettere d’accordo tanti e anche i più indie-snob.
(Paolo Bardelli)