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Ci risiamo. L’ennesimo sciroccato del nuovo folk. Una scena che, guidata da Sua Maestà la Grande Incompresa Vashti Bunyan, ha dettato nuove regole di purezza e di voci particolarissime alla musica di questi anni, e i capolavori non sono neppure mancati: basti pensare agli incanti di Joanna Newsom o al prezzemolino Devendra, più onnipresente di Elisabetta Canalis tra le pagine dei tabloid.
Però, ecco, non tutto quello che odora di folk stralunato deve per forza passare come una meraviglia: l’esordio di Ramona Còrdova, ad esempio, è tutto meno che un colpo di genio. Dotato (?) di una voce fastidiosa come poche – un continuo, strozzato lamento androgino – Ramòn ha costruito una favola e l’ha spezzettata in undici parti sonore, raccontando la storia di Giver, del suo naufragio, di amori e pozioni magiche: peccato che, per quanto bella sia la favola, tanto siano inconsistenti le canzoni. Gradire un timbro di voce così particolare è senz’altro questione di gusti personali, ma non è quello il punto: il fatto è che tutte le canzoni sono costruite in maniera identica, con una sequenza di due-tre accordi in arpeggio ripetuti all’infinito, e il canto che svolazza sulle note come una farfalla intossicata.
Musicalmente, in questo disco non c’è altro. E, se si è irritabili, davanti all’ennesimo campionamento del cinguettio di passerotti, o al centesimo falsetto strozzato, viene semplicemente voglia di togliere il cd dal lettore e lasciarlo per sempre nella custodia, arricchita da un artwork davvero prezioso; l’unico momento che si differenzia dal resto è “Giver’s reply”, con quella batteria fuori fase che la fa assomigliare a una canzone dei Folk Implosion cantata da Devendra Banhart. Un po’ poco, per sprecare parole come “genio” e “capolavoro”, non trovate?