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La grande pianta della musica indie-rock britannica sembra destinata a non invecchiare mai e non abbiamo nemmeno il tempo di riprenderci dalla terribile sbronza Artic Monkeys che subito spunta a Glasgow senza alcun preavviso o valida ragione un nuovo frutto acerbo chiamato Fratellis. Aria trasandata e caracollante, un piglio divertito e cazzeggiatore alla Ramones e qualche spruzzatina strategica di blues inacidito: questo il loro biglietto da visita.
L’attitudine è fondamentalmente punk: scarabocchi elementari e sbilenchi (“Henrietta”, “Creepin Up The Backstairs”, “Vince The Loveable Stoner”), LaLaLa baldanzosi (ovunque sia possibile infilarli) urlati sempre a tutta velocità (“Flathead”, ”Chelsea Dagger”, ”For The Girl”) il tutto condito da quell’estro strascicato, barcollante e un po’ cialtronesco che tanto avevamo apprezzato nei Libertines che furono. Il fatto è che da queste canzoni esala la classica fiatella alcolica di bettola sotterranea di periferia, frammista all’inconfondibile odore di camerette, brufoli e fumetti sgualciti tipico di tanti giovani gruppi dell’ultima ora e questo intruglio alchemico micidiale entusiasmerà qualcuno ed annoierà profondamente qualcun altro. Come sempre. Ma l’insieme in qualche modo si tiene in piedi e canzoni di assoluta misura come “Whistle For the Choir”, ”Baby Fratelli” e “Ole Black’n’Blue Eyes” sono qui per dimostrarci la bontà d’intenti dei Nostri.
“Everybody Knows You Cry Last Nigh” a suo modo è una piacevole esercitazione poetica alla memoria dei Clash. E poi… quell’incedere a metà strada tra la marcetta militare da gendarme impettito e il passo incerto di un ubriaco sbraitante, così perfettamente inglese, così beatlesiano, che permea tutto il disco dalla prima tremolante nota fino all’ultima… davvero difficile resistergli.