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Qualche anno fa avevo ben parlato di “Warning/Promises”, penultima fatica degli scozzesi che, a sentirla in questi giorni, dimostra tutta la sua mancanza d’idee e la sua povertà creativa. Credete a quello che vi scrivo ora e non alle righe dei tempi che furono: quel disco era il manifesto di una band che aveva smarrito la bussola e non sapeva dove andare. C’era il bisogno di una pausa, puntualmente arrivata grazie anche alla necessità del singer Roody Woomble di mettersi a nudo in un disco solita voce & chitarra (“My Secret Is My Silence”, 2006).
Ricaricate le batterie si è pensato ad un nuovo lavoro come band ed ecco arrivare “Make Another World”, che ci mostra come gli Idlewild siano tornati sui livelli a loro congeniali con un disco assolutamente ineccepibile. Un’opera che va paragonata all’ottimo “The Remote Part”, in quanto parente stretto di quella tensione emotiva che permeava canzoni come “You Held The World In Your Arms” e “American English” e non della rabbia punk’n’roll delle prime opere – “100 Broken Windows”, comunque il loro disco migliore – o dell’inspida minestra riscaldata del passato recente. E’ un album pieno di momenti ispirati, dove le canzoni sembrano ritornare nel luogo del delitto del passato (quel power-pop che univa gli arpeggi dei R.E.M., le suggestioni degli Smiths e le distorsioni del primo brit-pop della Creation Records) per riscrivere una storia che molti davano già per conclusa. Canzoni come “In Competition For The Worst Time”, “Everything (As It Moves)”, “No Emotion”, “If It Takes You Home” (primo singolo, che botta!) e “Once In Your Life” ci riconsegnano una band non solo in ottima forma, ma sicuramente in grado di continuare sui livelli altissimi che li ha confermati come un gruppo di culto pressoché assoluto.