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Che ne è stato dei Ride, il miglior gruppo uscito da Oxford sul finale degli anni ’80 e attivissimo fino alla metà degli anni ‘90? Steve Queralt ha messo su famiglia e vive lontano dai riflettori. Andy Bell suona il basso negli Oasis ed è certamente quello che si è sistemato meglio. Loz Colbert ha suonato con Jim Reid e tra poco si godrà un po’ di notorietà con la reunion dei Mary Chain, ormai confermatissima. E il capelluto Mark Gardener? Continua a fare ciò che più gli piace, suonare. Dopo il progetto Animal House e l’inizio di una carriera solista, per lo più voce/chitarra, il nostro è approdato nel 2005 alla pubblicazione di questo primo disco. Che da noi ha visto la luce solo a inizio marzo, distribuito nella penisola da Self. Presentato con uno showcase acustico alla Casa 139 di Milano. Visto, ascoltato, amato.
Poteva un disco simile restare lontano dai nostri scaffali? No, assolutamente. Innanzitutto perché dello smalto che ha reso famosi i Ride non ha perso nulla. La voce è ancora quella di un ragazzino. Giusto i capelli si sono diradati. La voglia di suonare (riproponendo anche molti classici della gloriosa band dei tempi che furono) non gli manca affatto. Il disco nasce sostanzialmente come raccolta di canzoni nate negli anni e qui suonate assieme ai Goldrush, band concittadina. Dodici canzoni comunque sia indispensabili. Steel guitar qua e là, sensazioni di campagna unite a rumori di città perché Mark è un viaggiatore e non si ferma mai. Le spruzzate di elettronica della title track, le ispiratissime “Snow In Mexico” e “Water And Wine”, la stupenda “The Story Of The Eye”. Manca un filo conduttore? Non diciamo sciocchezze. Qui non si sbadiglia mai. Un disco di grandi canzoni da parte di un grandissimo autore. Che non ha più nulla da dimostrare ma si rimette in gioco per passione. E perché con tutti gli artistucoli incensati ingiustamente che fanno dischi oggi, di fronte al ritorno di Mark Gardener c’è solo da godere a più non posso.
Ultima avvertenza: tra poco tornerà dalle nostre parti con la sua nuova band per alcune date in elettrico. Si dice che sia una figata pazzesca. Se rende anche solo la metà di quel che fa in acustico, non può che essere il concerto definitivo. E ce ne sarà anche per i nostalgici. Uomo avvisato…