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Il Circolo degli Artisti sembrerebbe proprio il locale adatto per ospitare l’esibizione live delle Cocorosie se solo non fosse letteralmente strapieno. L’unica data italiana delle sorelle Casady richiama una grande mole di pubblico. Un pubblico che le ama, già sedotto dai primi due album e in attesa dell’uscita di “The Adventures Of Ghosthorse and Stillborn”.
Dopo l’apertura affidata a Tez, beatboxer francese dalle capacità e dal repertorio notevoli, che intrattiene la folla da solo per una ventina di minuti, appena passate le 22:30 Bianca e Sierra si presentano sul palco per la loro esibizione. Il loro pubblico le sente vicine. Nel giro di tre anni sono state capaci di crearsi un nutrito seguito di persone affascinate, appassionate, che capiscono il loro linguaggio, che hanno trovato la chiave di accesso per entrare nel loro piccolo esotico mondo di carta.
Arpa, piano, basso e MiniKorg, una chitarra e alcuni giocattoli sparsi per terra. Questi sono gli strumenti che plasmano una strana sintesi tra folk, elettronica e hip hop. è così che prende forma lo spettacolino di Sierra e Bianca Casady. Mentre la prima, oltre a mettere in mostra le proprie doti canore, si divide tra piano, chitarra e arpa, la seconda sembra avere, soltanto all’inizio, alcune difficoltà nell’ingranare. La sua vocetta non è al meglio, le metriche sembrano uscire poco fluide, ma dopo pochi secondi tutto comincia a procedere nel migliore dei modi. Tez è una macchina: è più affidabile di una drum-machine, assiste e, di quando in quando, sembrerebbe capace di togliere la scena alle due protagoniste. Vengono presentati i pezzi del nuovissimo “The Adventures Of Ghosthorse And Stillborn”: “Animals”, “Werewolf”, “Promise”, “Japan”, “Sunshine” fino alla trionfale “Raimbowarriors” quasi a conclusione del concerto.
L’impressione, rivedendo Coco e Rosie sopra un palco a distanza di un anno e mezzo (il precedente è quello dell’esibizione all’Auditorium Flog di Firenze nell’autunno del 2005), è quella che tutto sia rimasto intatto. Certo, sul palco, oltre a Tez, si muovono volti nuovi al basso (Benjamin Molinaro) e al piano (Gael Rakotondrabe) rispetto al tour precedente, ma il suono che invade la sala è ancora quello. Ci sono richiami ai trascorsi acustici con versioni rielaborate di pezzi indimenticabili del primo album, “La Maison De Mon Rêve” (2004), tra cui “By Your Side” piuttosto che la dolcissima “Terrible Angels”; ricordi che riaffiorano da “Noah’s Ark” (2005) con “Beautiful Boyz”, “K-Hole” e “Tekno Love Song”, quest’ultima presentata in versione da folk-dancefloor.
Essendo questa la loro (per il momento) unica data italiana, a pochi giorni dall’uscita dell’ultimo album, le sorelle Casady non potevano fare altro che introdurre “The Adventures Of Ghosthorse and Stillborn”. La scaletta e la struttura della loro esibizione non potevano essere concepite diversamente e le frequenti consultazioni tra le sorelle prima dei brani lasciano intendere l’estemporaneità di alcune decisioni. Il clima generale durante il concerto è quello di stretto legame e affetto reciproco tra palco e platea. Sembra, a tratti, di essere nella saletta prove delle sorelline (il loro appartamento parigino), tra cataste di giocattoli rumorosi e cigolanti, in un’atmosfera di intimità casalinga che rappresenta uno dei punti di forza di tutto il loro discorso comunicativo.Nessuno sarà tornato a casa deluso, nessuno, conoscendo i personaggi, avrebbe potuto coltivare aspettative diverse da quelle che sono state pienamente attese. Questa perfetta commistione di avanguardismo e atteggiamento bohémien, in un clima costante di improvvisazione pianificata, non sembra fare altro che rendere sempre più forte l’appeal del marchio Cocorosie agli occhi degli spettatori. Non si può nascondere come siano perfetti sia l’iniziale e costante empatia tra pubblico e performers, che il conseguente trasporto durante il trascorrere della serata. Siamo in una sala affollata, siamo raccolti, stretti davanti a un palco, eppure sembra di essere altrove, in un posto più piccolo, più riservato. Sembra di essere a casa in una di quelle sere in cui abbiamo deciso di riunirci con una decina di amici e, alla fine, invece, ci siamo trovati a essere molti, molti di più. Tutto quanto in qualcosa meno di un’ora e mezza.