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Se Ginevra avesse fatto un altro album di inediti, diciamo, titubante (siamo buoni…) come è stato “Disincanto”, allora si sarebbe messa forse definitivamente su una brutta strada. Invece la voce vibrante e vivente della Di Marco ha trovato una giusta collocazione in queste “Stazioni Lunari…”, che ovviamente nascono dallo spettacolo nato da un’idea di Francesco Magnelli nel 2004 e che aveva coinvolto diversi artisti (Max Gazzé, Morgan, Piero Pelù e altri). Però stavolta su cd si lascia stare la luna e si torna sulla terra. Terra dura e bassa, come dicevano i nostri nonni.
Canzoni che parlano di vita, di abbandoni, di leggerezze, di ringraziamenti e di imprecazioni. Cose di tutti i giorni, insomma. Senza un filo conduttore comune, passando dalla musica balcanica a quella napoletana, così senza colpo ferire, come si sentiva la nostra Ginevra a pelle. Siamo abituati a considerare le cover qualcosa di ripescato, qualcosa da considerare meno perché si fa più presto a prendere a prestito qualcosa che c’è già che a crearne di nuovo, però in questa operazione la Di Marco ha dimostrato di crederci, ma soprattutto di sentirlo.
Evidentemente i paesaggi che le uscivano da dentro avevano la raffigurazione della Bretagna, del Messico, della Grecia, probabilmente perché le veniva naturale andare alla ricerca di quello che di bello c’è in giro, senza porsi troppe domande e senza partire sempre e solo dalla soggettiva. Non riusciva più ad essere dentro alla creazione (e si sentiva…) forse perché di creazione ne aveva messa troppa nella maternità. E la maternità porta ad attaccarsi a quello che di più bello c’è, cioè la storia, quell’eterno affastellarsi di storie di persone, di lotte e feste, di sconfitte ma anche di vincitori, di conquiste e perdite. In una parola: di Vita.