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Questo electroclash si sta lentamente spegnendo. Gli anni d’oro della corrente che univa atmosfere dark, elettronica, propensione al dance floor e sensibilità pop sembrano ormai andati. Adesso si tira a campare continuando a cercare di trovare ispirazione negli ormai pluririciclati anni ’80. Parliamo di quei canoni usati e abusati e tutti, ordinatamente, disposti in “Witching Hour”, ultimo album dei Ladytron.
In un’oretta di musica, nemmeno troppo ispirata, troviamo esattamente quello che ci aspettavamo dalla formazione di Liverpool. Le scorie degli anni ’80, qualche tentativo alla Soulwax, nonché le nostalgie legate a Depeche Mode e New Order.
L’apertura è con “High Rise”, simbiosi tra i già citati New Order e gli ultimi Two Lone Swordsmen; il seguito con il singolo “Destroy Everything You Touch”, decisamente azzeccato eppure così sfacciatamente già sentito e vicino al suono dei Pet Shop Boys. Con “International Dateline” siamo in territori vicini a quelli di “High Rise” con un tempo spezzato che ricorda molto lo stile dei Laika di “Wherever I Am I Am What is Missing” (Too Pure, 2003). Seguono “Soft Power”, cupa e polverosa, la breve atmosfera di “CMYK” e il balletto di “AMTV”. “Sugar”, altro singolo, che trova ispirazione intorno a Garbage e Elastica, precede le ambientazioni cupe di “Fighting In Built Up Areas”. Pennellate di pop in “The Last One Standing”, rock-electro-clash in “Weekend”, ricerca ritmica in “Beauty 2”.
“Whitelightgenerator”, altro pilastro electro-pop dell’album, prima dell’irrilevante “All The Way”.
“Witching Hour” sembra essere costruito sul ricordo del synthpop anni ’80 e, in alcuni episodi, sulle voci di Helen Marnie e Mira Aroyo. Lo possiamo tenere tra gli altri dischi, osservarlo di quando in quando, dedicargli qualche minuto. Un lavoro appena sufficiente composto da una serie di tracce inappuntabili dal punto di vista della forma. Un album decisamente pop, carino, modaiolo, ma niente, assolutamente niente di più. Per gli amanti instancabili del genere.