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Ascoltando “Spider Smile” non si può far altro che comprendere nuovamente quali sono le caratteristiche di questo suono fortemente mitteleuropeo, solido e volatile allo stesso tempo. Inutile perdersi in considerazioni intorno alla freschezza più o meno in via di esaurimento dell’indietronica. Jestram e Lippok proseguono per la loro strada. Una strada che conoscono bene e che battono maneggiando strumenti che padroneggiano pienamente.
Le 11 tracce di “Spider Smile” mostrano come esprimersi restando ancorati alla propria tradizione, lavorandoci sopra, cercando una dimensione pop che appena sembra essere troppo prossima viene puntualmente mantenuta a distanza. Lo si avverte benissimo in “Marriage In Belmont”, così come in quel modello indietronico rappresentato da “World Of Things To Touch” che racchiude la vena comune a Lali Puna, Notwist e Styrofoam. Lo dimostrano il moto ondulatorio di “Lower Manhatten Pantoum”, i glitchismi sotterranei di “Witch Park”. La rarefazione sonora e il placido tormento di “Shirley Temple”, la quiete di “Roderick Usher”. Il lento incedere di “Arkestra”, l’umore folktronico di “When Love Was The Law In Los Angeles” e “Easy Sermon”. L’inquietudine di “Sweet Home Under White Clouds” e la classicissima struttura ritmica di “When Tomorrow Comes”, traccia che sembra uscire da “Falling Into Komëit” (Monika, 2004) dell’altro Lippok, Robert.
“Spider Smile” non è altro che un lavoro strettamente legato alla tradizione musicale che i Tarwater ormai incarnano. Non rappresenta né un passo in avanti, né, tantomeno, un passo indietro rispetto a “The Needle Was Travelling” (Morr Music, 2005). E’ semplicemente quello che è lecito aspettarsi da due musicisti che hanno deciso, ancora una volta, di muoversi entro il loro territorio. E, francamente, all’interno dei loro confini, sono capaci di creare piuttosto bene. Prendere o lasciare.