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Sedie. Una corte medievale disseminata di sedie. E il divieto, per chi ha i posti in piedi, di entrare prima dell’inizio. Anche se non avessimo cercato un simbolo del nuovo percorso dei Blonde Redhead, lo abbiamo trovato andandoli a vedere nella data di Rimini del tour del nuovo “23”: le sedie, segno di concerto ordinato, di volumi non troppo alti, di accademia.
Esagero? Forse no. Che qualcuno urli “seduti!” mentre Kazu miagola pigra su “Top ranking”, lo trovo strano, fuori luogo: la gente si assiepa sotto il palco fin dalle prime note, vuole le chitarre a graffiare l’aria immobile e irrespirabile del primo giorno d’estate; e invece, quella furia, esce solo a tratti, quando il palco si illumina all’improvviso di rosso per la corsa di “Spring and by summer fall” o per quella magnifica e convulsa versione impazzita di “Melody of certain damaged three” che ha chiuso il concerto: il resto è eleganza, dream pop ineccepibile ma che fatica a colpire.
Ma andiamo con ordine: aprono la serata i Port-Royal, che iniziano davanti alla platea vuota (persone assiepate alle porte, in attesa di poter entrare…); il loro laptop set è piuttosto freddo, e dal vivo, in mezzo alla gente che corre verso le ultime sedie e chiacchiera per ingannare l’attesa, la loro musica si perde, sembra un’unica nota statica e ripetuta all’infinito, smossa solo dalle scosse drum ‘n’ bass di “Putin vs. Valery” o nel pulsare di “Deca-dance”. Pochi minuti, e i Blonde Redhead fanno il loro ingresso: flessibile ed elegante Kazu, teso come una corda Amedeo. C’è tensione tra loro due, almeno all’inizio, e solo col proseguire del concerto si avvicineranno, facendo flirtare maliziosamente le loro chitarre; appena dietro, Simone è imperturbabile, una macchina ritmica varia e creativa.
Calano subito gli assi del nuovo disco, i tre; “Dr. Strangeluv”, “Spring and by summer fall” e “23” sono bellissime, ma qualcosa non va: sarà un uso quantomeno spregiudicato dei campionamenti (raddoppi vocali e chitarristici arrivano spesso dalle basi, e lasciano perplessi), sarà che l’ultimo album permette a Kazu di fare la popstar e di guadagnare ancor più la scena, ma il trio sembra disunito, disarmonico come non erano mai stati dal vivo. Anche i brani di “Misery is a butterfly” sembrano un compitino eseguito in fretta: fino a “Equus”, il concerto è un esercizio, uno speriamo-che-finisca-presto.
Poi, però, all’improvviso tutto inizia a funzionare: “SW” rinuncia ai fiati per stratificare le chitarre, un vero muro di suono che si sposta lentamente e ti lascia spazio per canticchiarvi sopra; “In particular” è l’asso pop che strappa applausi nei meravigliosi incroci di chitarre; “The dress” è il melò perfetto che conduce a “Harry and I” (chissà perché presente solo nella versione giapponese di “23”), il punto più alto del concerto, la voce di Kazu che stride su un vortice di chitarre che si ingrossa ad ogni passaggio, fino ad esplodere in una quiete esausta.
Poi i bis, che riassumono in quattro canzoni le delusioni e l’estasi del concerto: la debolezza di “Publisher” e “Top ranking” (ultima dimostrazione che, in fondo, l’ultimo disco non è all’altezza dei Blonde Redhead) e, subito dopo la dolcezza infinita di “Misery is a butterfly” e il respiro ansioso, strozzato, afasico, violento di “Melody of certain damaged three”.
La notte si è fatta più fresca, le luci si spengono: resta molta bellezza, e l’amaro in bocca per una band che ha consapevolmente dimenticato – se non per un ultimo, splendido attimo – l’arte brutale di cui era capace.
Setlist:
Dr. Strangeluv
Spring and by summer fall
23
Falling man
Equus
Heroine
SW
Equally damaged
In particular
The dress
(We are a real team) Harry and I
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Publisher
Top ranking
Misery is a butterfly
Melody of certain damaged three
22 giugno 2007