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19 luglio 2007 – La giornata
Osmannoro non fa provincia. Era prevedibile che una zona industriale fosse meno fascinosa e più spersonalizzata rispetto ad Arezzo: l’anima non si innesta così, automaticamente. Italia Wave ha ereditato quasi tutto da Arezzo Wave ma c’è ancora qualcosa da registrare. Più che altro è quello che c’è intorno che non sembra essersi accorto che a due metri da loro c’è un Festival, e che Festival! Provate voi a cercare una pizzeria aperta alle due e mezza del pomeriggio. Nada. Vabbé, sarà uno straniamento iniziale inevitabile.
La nostra iniziazione musicale non è delle migliori, quando si arriva sullo Psycho Stage stanno suonando i Tre Allegri Ragazzi Morti con il loro carico di adolescenzialismo spiccio. E’ istruttivo sentire dalle labbra di Toffolo, alla fine del concerto nella chiacchierata nel mentre del cambio palco, che i T.A.R.M. fanno “musica bizzarra”. Mah… Musicalmente li si è ritrovati ordinari come al solito. Sono più variopinti i loro fans: una sedicenne con pennarellato “Toffolo rape me!” sopra le tette.
Seguono i tarantolati …A Toys Orchestra: non stanno fermi un secondo, si scambiano gli strumenti, alternano accelerazioni Clash a ballate languide e melanconiche con fisarmonica. La band campana gioca anche con le basi e lì sembra davvero che salti fuori “un’orchestra di giocattoli”, ma la tensione più presente è sempre quella alla Blonde Redhead. La tastierista è meglio che non canti: la sua voce sembra saltare fuori dal Favoloso Mondo di Amélie (o dagli Squallor). Inizia il Main Stage, battezzato dai piemontesi King Suffy Generator. Il loro è un muro di suoni progressivi e psichedelici, comunque importanti. La band di Domodossola dice di suonare “psycho-surf”, in realtà di surf noi non abbiamo sentito nulla e anzi avremmo voluto vederlo del surf perché ciò avrebbe significato essere al mare e nella giornata di ieri con il caldo che c’era era l’unica cosa a cui un sano di mente avrebbe anelato. Ma si sta divagando.
Gli Shitdisco passano e vanno, distraendo molto con il loro electro punk alla !!! fatto senza un perché, ed è già tempo di CSS. Geniali, il quasi nulla che fa divertire a pacchi. Meno elettronica che su disco e più stupidità liberatoria, il che vuol dire “spettacolo”. Lovefoxxx parte con una tutina aderente rosa acceso per poi togliersela come Wonder Woman e rimanere con un’altra tutina gialla a strisce verticali. Kitsch puro. Le CSS sono perfette per la perfetta festa di compleanno, dove tutti si divertono e queste cinque brasiliane (più uno) si dimenano quasi a caso (ma a guardar bene suonano tutto quello che devono suonare) e che ad Italia Wave hanno regalato minchiate tradotte da un semitrans, brasiliano anch’esso, del tipo: “Ci piace Italia”, “Siamo contenti che Italia ha vinto la Coppa del Mondo”, “Ho fatto scoreggia” e altre nefandezze del genere tanto avete capito.
Alle nove sullo Psycho Stage si materializza invece un’apparizione, un ragazzino bassino bassino che da solo con la sua chitarra fa fuoriuscire invece tutto il Mississippi. Un bluesman d’altri tempi questo Samuel Katarro, toscano, con una voce la cui modulabilità ricorda da vicino quella di Jeff Buckley (davvero!) e uno pseudonimo che non rende onore alla sua musica così forte e delicata allo stesso tempo.
Si torna al Main. Gli sculettamenti di Mika col pantalone verde non ci hanno invece convinto. Tra voci soffiate e pianoforte che neanche Elton John, falsetti tra Robbie Williams e Freddy Mercury, l’unica certezza è che Mika si muove perennemente sulla sottile linea del plagio: ogni canzone che inizia ti dici “Ah, questa l’ho già sentita… no… è un’altra”. Il pubblico però apprezza davvero, ed è il top della serata come coinvolgimento.
Vuoi mettere però con la classe degli Avion Travel? Sul Global Stage la band di Caserta offre una performance che sarebbe quasi da definire “immensa”, perfetta in maniera naturale. Autorevoli ma non bacchettoni, Beppe Servillo sembra quasi un Nick Cave italiano e il basso e la chitarra si alternano in squarci di pura musicalità, classica fin che si vuole però bella senza aggettivi.
Le forze ci sorreggono per saltare anche con i Kaiser Chiefs, che sparano tutte le loro cartucce migliori all’inizio. Partono d’assalto, molto quadrati con “Everyday I Love You…” e continuano così, monolitici. Molta carica ma anche molto mestiere. Poi da metà in poi si siedono leggermente, il che non si può dire del cantante che sta sempre sulle spie e su “I Predict A Riot” si arrampica sull’impalcatura. Musica atletica la loro. A domani.