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Della vita e delle avventurose iniziative produttive dei Mariposa ho già avuto modo di parlare lungamente allorquando mi sono trovato a recensire “Proffiti Now”; non mi soffermerò dunque sulla dislocazione geografica dei suoi componenti né sulla follia demente che sembra pervadere ogni cosa che vanno a toccare. Oddio, in realtà è proprio partendo da quest’ultimo aspetto che si può arrivare a comprendere e a dare un reale senso a un lavoro come “Nuotando in un pesce bowl”. L’idea base del disco, ovvero rileggere in chiave strumentale la tradizione musicale napoletana, ha una storia vecchia di anni, ma è riuscita a trovare uno sbocco distributivo solo dopo una lunga serie di peripezie. Ciò che ora l’ascoltatore si trova davanti è un viaggio ipnotico in un mondo che non ha più una sua tangibilità. L’universo partenopeo pre-fascismo (nulla di ideologico in questa scelta, dettata dalla pura necessità di non dover pagare alcun diritto d’autore), di cui si può trovare qualche rimasuglio nei quartieri più legati alla tradizione, quelli “dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi”, per usare le parole che probabilmente avrebbe loro regalato De André, non trova una sua collocazione diretta nei suoni architettati dalla band. Che ad esempio regala in “The guarracino iette for C” un bell’esempio di musica cosmica, ricca di riverberi e reiterazioni, alla ricerca insistita e cocciuta dell’etereo. Ed è proprio quest’aria aulica e impalpabile a fungere da base interpretativa dell’intero lavoro, di quando in quando spezzata da memorie di mazurke circensi (“Palumme vazoompa and fly”) o da orchestrine giocattolo costruire per creare un ideale trait d’union tra Sergej Prokofiev, Erik Satie e le fiere di paese (“Cece, the lil’”).
Gran parte dell’interesse deve dunque essere spostato sull’uso della strumentazione, veramente notevole e originale: non si può certo dire che glockenspiel, grancassa, fiati e archi facciano parte della prassi compositiva delle band emergenti – e non -. Cos’è allora che non convince completamente di “Nuotando in un pesce bowl”? Si è detto dell’acume compositivo, dell’interessante selezione strumentale, perfino della possibilità di inserire l’album con facilità all’interno della poetica della band…tutto giusto, tutto perfetto. Ma dov’è Napoli?
Perché a conti fatti ciò che non si riesce a percepire è proprio la presenza della matrice culturale nella quale i pezzi citati sono venuti alla luce. I Mariposa ci sanno fare, sanno mescolare musica (non a caso loro la definiscono musica componibile) e sanno giocarci con quel pizzico d’ironia che non fa mai male, ma forse stavolta hanno agito con un po’ di superficialità: nulla di troppo grave e nulla che vanifichi il buon risultato finale, probabilmente.
Ma si abbandona il lettore cd non un po’ di amaro in bocca, non lo nego: e non basta riprendersi leggendo che all’estero l’album verrà presentato col titolo “Swimming in a fish vasca”.