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Tanto inaspettato nella tempistica quanto nella sostanza, il nuovo extended playing dei Verdena si candida senza dubbio alla palma di migliore mai realizzato. Sei tracce, tanta sperimentazione, nuove coordinate sonore che si staccano decisamente dai canoni prettamente rock ben più familiari alla band bergamasca.
Della title track c’è poco da dire se non che, in “Requiem”, è uno dei pezzi che più colpisce all’ascolto data la struttura inusuale: chitarre acustiche dalle trame latine e una sezione ritmica a dir poco ossessiva. “L’Ora E’ Buia” è l’unica canzone che ricalca da vicino la linea compositiva più seguita su disco: energia tipicamente verdeniana con un riff non lontano da “Isacco Nucleare”. Un peccato vederla relegata a b-side.
E si passa, come detto, agli episodi più sperimentali e permeati da synth, drum machine e qualche tastiera. Il vero e proprio (soft) beat di “Malaga”, nonostante la breve durata, è qualcosa di mai sentito prima d’ora anche se i tre si divertono spesso a infilare, nei pezzi in studio, effetti sonori che dal vivo portano talvolta a vere e proprie divagazioni. I sei minuti ciascuno di “Parabellum” e “Fluido” confermano la nuova vena artistica del gruppo (anche se è difficile ipotizzare un futuro completamente lontano dall’elettricità): lunghi momenti di contaminazioni elettroniche la prima, atmosfere invece più sinfoniche ed orchestrali la seconda. Non manca, infine, il sempre brillante ripescaggio dai classici. Se in passato erano stati Cream, 13th Floor Elevators e Neil Young ad essere rivisitati, in questo caso tocca a “His Latest Flame (Marie’s The Name)” di Elvis. Cosa riseveranno le prossime uscite, a questo punto, non è assolutamente da dare per scontato.