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Anche oggi parliamo di morte. Che bello, eh. E’ morto Paul Tibbets, aveva 92 anni. Forse questo nome non dice molto, ma Enola Gay invece sì. Enola Gay era la mamma. Nonché il nome che Tibbets aveva dato al B-29 che il 6 agosto 1945, alle ore 8,15, sganciò la prima bomba atomica su Hiroshima, in Giappone.
Non si è mai pentito. Il 6 agosto scorso aveva dichiarato: “Penso di aver fatto la cosa giusta. Ciò che mi venne chiesto di fare, lo feci. Dormo bene, non ho perso una sola notte di sonno per quel gesto. So cosa ho fatto e lo rifarei, in una situazione simile”.
Secondo i dati del Comando supremo interalleato la bomba atomica su Hiroshima causò 129.558 tra morti, feriti e dispersi, e 176.987 senzatetto (nel 1940 a Hiroshima risiedevano 343.698 persone).
E se le cifre sono fredde e si fa presto a dimenticarle, più difficile è non ricordare la storia – vera ed esemplificativa degli effetti dell’ordigno anche a più lungo termine – di Sasaki, raccontata tra gli altri in “Il gran sole di Hiroshima” di Karl Bruckner. Libro per ragazzi ma più che mai monito per adulti. Sasaki sviluppa la leucemia dieci anni dopo l’esplosione, e in ospedale si dedica alla creazione di mille origami di gru di carta, perché chi le fa può esprimere un desiderio. Riuscirà a farne 658.
E passando dalle parole alle note, nonostante venga ballata con la più aperta canzonatura e frivolezza, anche il testo di “Enola Gay” degli O.m.d. (1980) è in realtà un pungente e sarcastico attacco a quel basso momento dell’umanità, pur sempre pop ma intelligente: “Enola Gay è oggi la madre orgogliosa del suo piccolo ragazzo”, canta Andy McClusky giocando con il termine “Little Boy” che era anche il nome in codice della bomba atomica di Hiroshima.
Qui il video, per una volta la si può ascoltare con altre orecchie e poi la si ritornerà – giustamente – a ballarla in una serata revival qualsiasi:
(Paolo Bardelli)