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“Se hai fantasmi, allora hai tutto”. Sembra uno slogan di un negozio del macabro, e invece è la frase – tratta da una cover di Roky Erikson – attorno a cui ruota tutto il terzo album dei Picastro. Ci sono presenze che aleggiano nelle tracce di “Whore luck” e nella voce spiritata di Liz Hysen. Presenze poco rassicuranti, che cercano di venire a galla tra i sospiri strozzati dell’organo (“If you have ghosts”), tra terribili stridori d’archi (“Albanis”), perfino tra il delicato arpeggio acustico che apre “Hortur” e sul quale Owen Pallett – il signor Final Fantasy – fa scorrere un pianoforte di cristallo.
Non è semplice affrontare “Whore luck”: a tratti si ha l’impressione di ascoltare la stessa disperazione dell’ultima PJ Harvey musicata da una delle band della Constellation. Canzoni strozzate che scoppiano di una tensione implosa, che invocano a gran voce uno scoppio elettrico, puntualmente soffocato dagli stridori. E’ tensione malsana, ossessione erotica frustrata, un orgasmo spento e vacuo. E allora, non sorprenda la cover di “Older lover” dei Fall che chiude i cupi 36 minuti del disco: è il pianoforte, e non una chitarra affilata, a ripetere se stessa, mentre la voce di Liz sussurra esangue (“you’d better take an older lover, you’d better take a younger monster”) accanto al gemito di Jamie Stewart degli Xiu Xiu, uno che conosce queste atmosfere meglio di chiunque altro.
Che sia questa la fortuna della puttana? Il sesso livido, costretto, senza gioia? Non è dato sapere. Eppure, nonostante tutta questa oscurità e il ripiegarsi su se stesso, il disco dei Picastro attrae a sé. E noi ci avviciniamo nuovamente a questo piccolo piacere perverso, come se non sapessimo che ce ne pentiremo subito dopo.