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Forse oggi la chiave di lettura dell’arte di Cristina Donà sta in “Non sempre rispondo”, la divertita musette contenuta nell’ultimo “La quinta stagione” e proposta nella prima metà del set bolognese: da un lato gli spigoli artistici e personali, quelli che nutrono l’anedottica classica delle rockeuses, vengono affrontati con ironia e distacco; dall’altro è la voglia di divertire e di giocare con le canzoni a farla da padrona, tanto ormai non c’è più nulla da dimostrare. Che siano questi i frutti della cosiddetta maturità? Beninteso, sabato sera all’Estragon si respirava tutto al di fuori dell’autocompiacimento o della bolsaggine: al contrario, Cristina ha messo assieme due ore di puro divertimento e trasporto, con energia ed entusiasmo.
Quando le luci si spengono un’introduzione di archi conduce alla prevedibile apertura su “Settembre”. Sul finale del secondo brano, “Migrazioni”, le parole muoiono quasi in bocca a Cristina, perché si rende conto di quanta gente ci sia in sala (dal palco le definisce “ombre cinetiche” con un felice e forse improvvisato gioco di parole). Nella prima parte del set dominano i brani dell’ultimo album, il passato viene toccato a tratti, con aria scanzonata: esilarante l’introduzione di “Nido” in cui la Donà racconta il dialogo fra la Cristina-autrice-impegnata e il nido sull’albero che non ne vuole sapere di essere cantato. Così succede che persino l’interruzione improvvisa di “The Truman Show”, dovuta ad una momentanea confusione sulle liriche, diviene quasi un pretesto per uscire dai binari della scaletta e ricevere un feedback di energia dall’uditorio. Per la cronaca, il brano viene ripreso e portato a termine con veemenza dalla band e da Cristina più indiavolata che mai che salta e balla per il palco come una ragazzina (parlavamo di “maturità”?)
La band è solida, rodata e sempre perfettamente a suo agio, e Cristina può permettersi di fargli continuare a piacere il “riscaldamento” strumentale all’inizio di “Triathlon”. Verso la fine della prima parte del set oltre al divertimento arrivano emozioni più intense, quelle di “Ogni sera”, brano del primo album che non veniva suonato da molto tempo e che diventa una delle perle dell’esibizione bolognese.
Emozioni arrivano in quantità quando Cristina si ripresenta da sola con la chitarra per il set acustico, e qui si sente veramente il polso della serata: lei è magnetica, intensa, con una gran voglia di comunicare con le persone in modo diretto, come testimonia l’assaggio di “Invisibile” suonato solo per qualcuno fra il pubblico che deve lasciare l’Estragon anzitempo. Straordinaria la versione acustica di “Mangialuomo”, con i musicisti che la seguono da dietro il mixer mormorando le parole della canzone; divertentissima “Nel mio giardino” in cui Cristina cerca di tenere in riga il battimani entusiasta ma orribilmente scoordinato del pubblico.
Nel finale la band torna per l’ultima manciata di brani: “Invisibile” viene finalmente resa in tutta la sua potente bellezza; la chiusura è quella classica, dilatata di “Ho sempre me”, in mezzo a cui la ragazza di Rho va alla ricerca dei suoni e delle parole degli altri. Anche qui la voglia di giocare è scoperta: il medley comprende “In The Air Tonight” di Phil Collins, “You Really Got Me” dei Kinks e “Light My Fire” dei Doors (della serie: artista intellettuale a chi?). Quando le luci si accendono sulle facce della gente, quelli sul palco e quelli sotto, si vedono i sorrisi larghi e beati di chi ha condiviso calore e good vibrations. Quelle che Cristina Donà ha saputo trasmettere anche stasera, nella sua voglia di esserci e di parlare alle pance della gente, perché la maturità sarà anche una bella cosa ma gli intellettualismi stile “l’artista che ci invidiano all’estero” sono una palla. Lei, per fortuna sua e nostra, lo sa benissimo.