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Visto che lo Spirito fa capolino nel titolo della prima prova solista di Kevin Drew e prima uscita della serie “Broken Social Scene Presents”, partiamo proprio da quello, dallo zeitgeist: la galassia Broken Social Scene incarna in modo esemplare lo spirito dei nostri tempi. Un gruppo che è un network sociale, una rete decentrata dagli assetti continuamente variabili in cui le sinapsi musicali si riconfigurano di continuo e trovano nuove strade per cortocircuitarsi. L’esito sonoro di una simile forma mentale lo conosciamo ormai bene: a ogni nuova uscita si ha la sensazione che il collettivo/supergruppo/network canadese non smetta mai di fare musica, continui a incidere e sovraincidere ininterrottamente, generando un flusso magmatico che, in modo quasi casuale, viene periodicamente inscatolato in un album. Da questo punto di vista, questo di Drew è un lavoro 100% Broken Social Scene: del resto tutti i membri a tempo pieno e buona parte di quelli variabili vi hanno contribuito.
A dire la verità, ascoltando le battute iniziali di “Farewell to the Pressure Kids” quel presents sembra quasi superfluo: il caotico trionfo di chitarre da grande orchestra lo-fi, le rullate fragorose che coprono le vocine distorte e seppellite in profondità nel missaggio sono marchi di fabbrica ormai arcinoti. Eppure subito dopo emerge la grafia personale di Kevin Drew autore, scapigliata e neo-hippy, che tratteggia acquerelli veloci basati su semplici accompagnamenti di chitarra acustica e una voce dal timbro adolescenziale, ora trasognata ora svogliatamente bohemienne. Incantevole ad esempio è la morbida “Fucked Up Kid”, leggera e solare è “Safety Bricks” (per quanto molto somigliante a “Past in Present” in “The Reminder” di Feist, ma visto il legame sentimentale fra lei e Drew nessuno griderà al plagio). Altra tratto peculiare di “Spirit If…” è l’uso dell’elettronica, interpretata con un gusto naif e garagista che si sposa in pieno con l’estetica BSS e modifica in modo interessante le prospettive abituali: una drum machine serrata e ansiogena sostiene “Frightening Lives”, brano teso e sottilmente inquietante che alza improvvisamente la tensione emotiva dell’album; echi e batterie impigliate in singhiozzanti loop hanno una loro sghemba sensualità in “Big Love”.
Capita che l’aria di cazzeggio che si respira in alcuni brani sia semplicemente troppa per farli elevare al di sopra del rango di bozzetti, di pure impressioni sonore che non hanno saputo farsi opere compiute, ma quando Kevin mette al lavoro tutte le giovani braccia canadesi saltano fuori brani degni dei migliori BSS, su tutte la potente e gioiosa “Lucky Ones” dal ritornello veramente contagioso. C’è poi spazio per il cammeo di Sua Bruttezza J Mascis in persona che trasforma “Back Out On The…” in un brano degno dei suoi Dinosaur Jr., puro distillato di ignoranza dispensata a pieni amplificatori.
Kevin Drew si diverte tanto a cazzeggiare con soci e amici che, quando alla fine cantano tutti assieme it’s gonna be really hard to get to the end, come una banda di avvinazzati, non si fatica a credergli. Ma non c’è da temere, nella comune dei Broken Social Scene il divertimento non finisce: tra non molto uscirà il debutto solista di Brendan Canning, e di lì seguiranno chissà quanti altri album pseudosolisti o pseudocollettivi sotto il marchio-bandiera dell’indie rock canadese.