Share This Article
Ultimamente il collega Merola mi ha consigliato un gruppo spagnolo new-wave degli Anni Ottanta, i Golpes Bajos. Morale: mi sono innamorato di una loro canzone dell’83, “No mires a los ojos de la gente”, ascoltata adesso è talmente kitsch che è un piacere per le orecchie, un misto spagnolo tra Righeira e Diaframma. Quello era un esempio della Spagna che guardava fuori, all’estero, con sonorità tipicamente inglesi ma con il castigliano sulla bocca.
Oggi quella tensione esterofila nel panorama musicale del paese di Zapatero può essere esemplificata in questo “Wonderful Opulence” degli Oblique? Speriamo di no, ci sarà di sicuro di meglio.
Questo duo nato tra Barcellona e Tenerife formato da Sonja (voce) e Juan (synth programming) si butta nelle sonorità danzerecce masticando un po’ di inglese e qualche suonetto gonfio delle ultime tastiere, ammiccando con l’occhio ai testi sexy come fanno i nostri Magicake ma più che altro sperando di compiere un altro exploit alla Tiga. Ma già Tiga è stato miracolato, l’omonima “Wonderful Opulence” che richiama proprio “Pleasure From The Bass” non farà la fine evangelica di Lazzaro.
Nella presentazione di questo loro secondo album gli Oblique si richiamano ai “suoni sintetici anni ‘80”, ma in realtà qui c’è un calderone di tutto quello che da allora si è prodotto, rimasticato un po’ alla rinfusa, e ambientazioni che molto hanno a che spartire piuttosto con la electro delle Chicks On Speed. I passaggi migliori sono quando emerge una minima propensione alle sonorità scure alla Depeche Mode (“Disgusting”) oppure alla sfrontatezza dei Garbage (“Allain Quatermain”), buone canzoni ma sparuti episodi.
Come un costante mal di testa la voce di Sonja fa domandare: perché questa qui si è messa in testa, appunto, di voler far la cantante?