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La musica degli American Music Club non starebbe certo male come sottofondo ad un film classico. Uno di quelli dove l’eroe cammina sul marciapiede in una notte senza fine pensando alla sua vita o, più prosaicamente, al prossimo bar in cui berrà whiskey a credito. Non tutti, però, possono essere Humphrey Bogart e bisogna accontentarsi di un concerto in un live club. Ognuno ha la mitologia che si merita. Ma non va poi tanto male, perché la band di Mark Eitzel riesce ad essere fenomenale anche dal vivo. Chiudo volentieri un occhio sulle bizzarrie che portano certi musicisti a vestirsi davvero male, perché quando le canzoni attaccano, tutto il resto sparisce e resta solo un flusso di musica che per un’ora e dieci riesce ad emozionarti, divertirti, farti riflettere (“Perché un tipo così maledettamente stiloso ha dei vestiti del genere?” ma non solo…) e ad appagarti: cosa sempre più rara per un concerto, visto che di solito le band che vanno in voga tra i giovani sono viziate, impalpabili e assolutamente inconcludenti.
Fortunatamente, gli American Music Club non vanno di moda da nessuna parte e anche questa sera sono il più giovane del locale. Poco male. Il pubblico è appassionato, partecipa ai monologhi di Eitzel, si tratta del concerto capace di rincuorare una stagione di live artisticamente deludenti e di abbracciare come un sol uomo i giovani depressi (io e un paio di amici che non vedono l’ora di vedere Mark Kozelek e Jason Molina…), gli appassionati di musica che ai tempi ci credevano davvero e che ora non si lamentano, ma ascoltano comunque folk-rock e un paio di curiosi che magari leggono ancora i giornali musicali. Mi spiace. Niente hype, niente lustrini, niente indie, niente di niente. E va bene così, perché certe canzoni non hanno assolutamente bisogno di un contorno, così come certe band non sanno che farsene di un’immagine. Parlano le canzoni, non i vestiti. Parlano le melodie, non il battage mediatico. Soli contro tutti? Ma va, qui non c’è nessun nemico, solo gente che ha voglia di passare una serata in compagnia di una band capace di essere familiare al primo colpo con un sottofondo di canzoni che per qualcuno hanno significato molto di più che un semplice accompagnamento.