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Per quanto fresco e soddisfacente fosse il precedente “Broken Boy Soldiers”, le parole di Brendan Benson sono state bene o male “in confronto a come le suoniamo live, quelle canzoni sembrano delle demo”. E chi ha avuto la fortuna di vedere i Raconteurs dal vivo non fa altro che confermarlo.
Proprio da questo punto di non-partenza, “Consolers Of The Lonely” vede la luce.
Con un’improvvisa mossa alla Radiohead… no, basta. Basta Radiohead, per dio.
Ricominciamo.
Con un’improvvisa mossa che nessuno poteva prevedere, i Raconteurs annunciano il nuovo disco ad una settimana dall’uscita, in barba a qualunque promo dato ai giornalisti, alle webzines, ai peer2peer, e a tutti noi che pensavamo al magico combo di Detroit come ad una toccata e fuga per farsi due risate.
In realtà la sola idea ci metteva un po’ di tristezza, dato che (pur non disdegnando né i dischi dei White Stripes, né la bellissima carriera solista di Benson, né tantomeno i pezzi dei meno conosciuti Greenhornes) le loro potenzialità sono elevate, e proprio quelle esibizioni dal vivo di cui sopra avevano creato un gran passaparola.
Scendiamo quindi tutti insieme dal pero con un primo singolo come “Salute Your Solution”: fra il tiro pazzesco della sezione ritmica di Patrick Keeler e Little Jack Lawrence, i riff macinati da Big Jack White e Brendan Benson, e, last but not least, l’organo killer di Dean Fertita (ora anche nei Queens Of The Stone Age), troviamo in pochi minuti un esempio del pezzo rock ‘n’ roll perfetto.
Ed è un po’ su questi frangenti che si apre il disco, con cinque numeri pazzeschi messi uno in fila all’altro. Dall’apertura della title track (un blues’n’roll spezzatissimo), passando per la ballata instant-classic “You Don’t Understand Me”, fino al pop anni 70 di “Old Enough” (queste ultime due evidenti parti della mente di Benson).
Con “The Switch And The Spur” si chiude la parte davvero convincente: un andazzo da colonna sonora mariachi, che paga un po’ pegno a temi alla Tarantino e soprattutto Rodriguez, ma anche alla nuova passione di Jack White per i fiati (ricordiamo la cover di “Conquest” su “Icky Thump”).
Da qui in poi inevitabilmente si cala. Sebbene il tiro rimanga alto e gli arrangiamenti dimostrino evidentemente che i ragazzi ci sanno davvero fare, la scrittura perde un po’ di freschezza. Così che, per quanto momentaneamente coinvolgenti, “Top Yourself”, “Hold Up”, ma anche i riffoni di “Five On The Five”o “Attention”, colpiscono sul momento ma non riescono a rimanere a fondo quanto basta.
Se il precedente “Broken Boy Soldiers” era forse più semplice ma dotato del dono della sintesi, “Consolers…” rappresenta un gruppo in costante crescita ma che rischia di non mettere a fuoco l’essenziale.
Fortunatamente “Many Shades Of Black” (di nuovo le trombe, olè!), o la chiusura zeppeliniana di “These Stones Will Shout” e “Carolina Drama” riportanono tutto in carreggiata.
Zeppeliniano, in effetti è un termine che si addice perfettamente a molti dei pezzi, tant’è che l’impressione finale pare quella che i quattro abbiano fatto una scorpacciata di “III”, “Iv” o “Houses of the Holy”. Nonché di “Icky Thump”, ovviamente.
L’influenza fra i due gruppi ormai è evidente, al punto che pare inevitabile chiedersi fino a quando Jack White potrà continuare a confondere le carte in tavola. Da una parte la particolare ma limitata Meg; dall’altro questo super gruppo che – “Consolers of the Lonely” ne è un chiaro esempio – potrebbe potenzialmente spaccare più o meno tutto.