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Molte volte un buon album si preannuncia anche da un buon produttore. E Roberto Vernetti lo è, e non ci interessa il lavoro fatto con Aeroplanitaliani, Elisa, La Crus, ci basta citare un solo album: “Ust” degli Ustmamò, capolavoro del trip-hop montanaro-italiano degli Anni ’90.
Con il gruppo di Padova, che nel tempo ha cambiato il suo nome da Fujiko a Yumiko (ci saranno stati problemi di diritti, evidentemente, Fujiko era moolto meglio…), però la produzione si mette a supporto dell’electro-pop-rock della band senza riuscire ad elevarlo. Il fatto che è non si eleva da sé, nonostante le canzoni siano sufficientemente ispirate, discretamente suonate e con quel pizzico di varietà che non guasta. Viene a mancare cioè l’anima della riconoscibilità se il fantasma dei Subsonica aleggia tanto insistentemente (“L’imbarazzo della seconda scelta”, “Please”, “Neutrale”, “Nice Day”) da farci venire in mente una valida band di Parma, gli Hidea, che aveva lo stesso “problema”: ineccepibili – si figuri – ma come dei tatoni con bàlia il gruppo di Samuel invece che Mary Poppins. O, ancora peggio, dei figliocci ripudiati (dal pubblico, non dai Subsonica).
E dispiace perché se si ascolta un po’ di volte questo “Lividi” si finisce anche a canticchiarle, alcune melodie. Ma sulla personalità non si può fare sconti, questo no. Toglietemi tutto, ma non la personalità, si potrebbe parafrasare.
La cosa migliore gli Yumiko la fanno infatti quando si tolgono l’ingombrante presenza torinese dalle spalle: “L’uomo con la porta” gioca con atmosfere più internazionali (Depeche Mode) e un ritornello lievemente malinconico alla Lele Battista che sa camminare senza voltarsi indietro.
E poi: il video del singolo “Lividi” pullula di Sick Girls… troppo trendy questi Yumiko per i nostri gusti.