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Chissà come se la staranno ridendo Gianluca De Rubertis e Alessandra Contini, in arte “Il Genio”, ricevendo i positivi riscontri che il loro album di debutto sta ottenendo sul territorio nazionale.
In fondo i due non hanno mai nascosto il loro amore per quell’ironia di chiaro stampo trash e la semplice formula che si cela dietro al loro divertito approccio musicale si può brevemente riassumere così: nulla si crea, tutto si reinventa. Così si riscoprono le languide melanconie tanto care alla scena musicale francese degli anni sessanta, lustrate a dovere con colate di basi elettroniche e laccate con scintillanti effusioni vintage e si rifinisce il tutto aggiungendo liriche che spaziano tra l’ironico, l’ammiccante ed il divertito.
Di qui a finire sui gradini alti delle classifiche nazionali ce ne corre: eppure il singolo “Pop Porno” ci è riuscito, giocando tutto sul malizioso gioco di parole del ritornello e soprattutto sulla languida voce da gattina di Alessandra Contini che sussurra con ingenuità incuneandosi con grazia tra leggeri beats elettronici, risvegliando pruriti non del tutto assopiti. Se a tutto ciò si aggiunge l’esperienza e la tecnica di Gianluca De Rubertis, già tastierista negli Studio Davoli, si hanno le coordinate esatte per identificare il progetto “Il Genio”: canzoncine pop dal chiaro umore sixties, da cantare rigorosamente a cervello spento, con un certo retrogusto retrò ed espliciti riferimenti al sano e vecchio trash cinematografico degli anni sessanta.
Sulla stessa linea “porno-pop” del fortunato singolo estratto si muovono, e chissà se riusciranno a bissarne lo stesso successo, la languida ed ingenua “Non è possibile” e la riuscita cover di “Una giapponese a Roma”, talmente azzeccata da provocare impreviste incursioni nel passato.
Il resto del disco alterna momenti di chiaro-scuro: si passa da canzoncine ammiccanti e piacevolmente canticchiabili a situazioni in cui tutto lo scazzo si manifesta inesorabile, quasi come se si fosse percepita la necessità di dare subito il tutto in pasto al pubblico, riempiendo in fretta e furia gli spazi rimasti vuoti.
Comunque nel complesso il disco si rivela curato e di piacevole intrattenimento anche se leggero, forse troppo: il rischio è che dopo i primi fatidici due/tre ascolti si vada ad esaurire il fresco e malizioso fascino sprigionato dall’ azzeccato singolo apripista e che il tutto finisca inesorabilmente troppo presto nel dimenticatoio.