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Proteggeteci le sopracciglia dai lacrimogeni. Oggi che le piazze sono vuote. E che la lotta armata si combatte al bar. Oggi che con le nostre discussioni serie si arricchiscono solo le compagnie telefoniche. E chissà cosa gli racconteremo, ai figli che non avremo, di questi cazzo di anni zero. Col folgorante urticante esordio “Canzoni da spiaggia deturpata” (prodotto insieme all’ex Csi Giorgio Canali), Vasco Brondi alias “Le luci della centrale elettrica”, barista 25enne from Ferrara, scoperto da Moltheni, paragonato, in ordine sparso, a Piero Ciampi, Giovanni Lindo Ferretti, Rino Gaetano, Pier Vittorio Tondelli, il primo Vasco Rossi…ha appena vinto il Premio Tenco come migliore opera prima.
Te l’aspettavi, Vasco?
“E’ stata una sorpresa inverosimile. Se penso che ho “battuto” gente come Ascanio Celestini, John De Leo…”.
Il Premio Tenco è un po’ il buen retiro storico della nostra eletta classe cantautoriale. Tu ti ci senti, un cantautore?
“Non mi interessano più di tanto queste catalogazioni, queste classificazioni condizionate. Io faccio solo quello che sono in grado di fare. Scrivo canzoni”.
Un anno fa, nel presentare una “prima bozza” del tuo progetto Le luci della centrale elettrica, scrivesti che queste suddette luci “sono state accese da me in un pomeriggio troppo lungo e troppo azzurro, come progetto di cantautorato denuclearizzato”.
“Mah, niente. Mi riferivo a tutti quei paesini del Ferrarese, dove non è mai successo nulla, ma che in fondo sono felici così. E all’ingresso di ogni borgo si staglia il cartello “Comune Denuclearizzato”.
A mio modo di vedere, è molto più politica la tua musica, in senso vero, in senso lato, in senso serio, di quella sloganistica e fin troppo didascalica propria di certe acclamate rock-band militanti.
“Mi fa piacere che tu mi dica questo. Il fatto è che io non ho mai ammirato granché lo sbandieramento smaccato o addirittura forsennato delle cose. E poi oggi, oggi più che mai, le bandiere, le parole d’ordine stanno sul cazzo alla gente. Sì: oggi è molto più politico sembrare avulsi dalla realtà”.
I tuoi testi sono sempre estremamente pregnanti, immaginosi e sostanziosamente poetici. Le tue stelle polari letterarie?
“Ho letto e ascoltato un sacco di cose bellissime, ma non saprei distinguerti di preciso cosa mi ha influenzato chiaramente, da quello che mi è semplicemente piaciuto. Mi piacciono i libri, i dischi, i film multilaterali, profondi, che ti cambiano dentro. Non mi interessa affatto l’arte da sottofondo”.
E’ vero che vuoi bene ai cavalcavia, alle case popolari, ai fiumi prosciugati, ai parcheggi dei supermercati?
“Confermo. Quando mi accusano di cantare il degrado, mi fanno ridere. L’alienazione, il degrado non sono in una casa popolare o in un hard-discount, ma nella testa delle persone che si assediano nelle loro paure, nelle loro miserie, nella loro ignoranza. Ci vuole sempre un sesto senso della realtà. In tutte le cose”.
Muori ancora “d’affitto e di fame”, grazie ai concerti? O la gloria indie-rock ti ha arricchito?
“Sto traslocando proprio in questi giorni. Vado a vivere, in subaffitto, con altre cinque persone”.
(Maurizio Di Fazio)