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“Forse basterebbe una scimmia ammaestrata per imparare quel giro di due accordi in sottofondo, ma nessuna scimmia – e pochissimi tra i loro cugini che stanno qualche gradino più in su nella scala evolutiva, i gruppi rock “heavy” bianchi – ha mai pensato di utilizzarlo nel modo vivace in cui lo fanno qui gli Stooges, con una semplicità talmente essenziale da essere quasi incontaminata. Apparentemente è la cosa più ovvia del mondo, ma io la chiamerei un colpo di genio […].”
[Lester Bangs, a proposito di “1969”, Guida Ragionevole al Frastuono Più Atroce, Minimum Fax]
I Velvet Underground hanno ucciso i ’60. Gli Stooges si sono accaniti sul cadavere con calci e sputi.
I Pink Floyd vi hanno fatto sognare, gli Stooges vi hanno fatto svegliare tutti sudati.
I Rolling Stones arruolavano motociclisti per il servizio d’ordine, gli Stooges li sfidavano in campo aperto ("Metallic KO", ascoltatelo su emusic).
Su tutto questo Iggy Pop ci ha basato una carriera, ma la sua ombra era Ron Asheton. Teppista occhialuto e silenzioso, era lui che si occupava dell’edificazione del muro di suono su cui Iggy si appoggiava per vomitare. Poi, con la stessa determinazione, si occupava della sua demolizione. Asheton ha stravolto i concetti di musica e di violenza. Quando poi un rimpasto da prima repubblica l’ha relegato al basso, ha continuato a bastonare senza perdersi un secondo (ascoltatevi, di nuovo, "Metallic KO").
Ron Asheton era forse il miglior chitarrista bianco di tutti i tempi, un incubo ber chi ama Knopfler e Clapton.
Ron Asheton era forse il più grande figlio di buona donna di quel r’n’r che con lui ha perso un pezzo importante.
“Mi ricordo di un feedback incredibile che ottenni una sera battendo con il pugno contro le corde della chitarra, era un rumore che non avevo mai sentito fino a quel momento. Ed io continuai a picchiare fino a quando non ruppi il manico della chitarra. Non sentivo dolore. A fine concerto entrai nel camerino per fumarmi una sigaretta ed uno mi disse: “Mio Dio, la tua mano destra è tre volte la sinistra ed è coperta di sangue!”. In quel momento riportarono i pezzi della mia chitarra: era completamente insanguinata. Io non me ne ero accorto.”
[Ron Asheton in un’intervista del 1989]
(Lorenzo Centini)