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“Blade Runner” non è un film, è un trattato di filosofia. Il replicante Roy è annichilito dallo svanire del tempo, delle esperienze e dei sentimenti, nel momento in cui muore: «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi b balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. E’ tempo di morire». Deckard e lui, in quel momento, sono dei celebranti della vita: nell’esatto momento in cui sta per svanire – per entrambi – si aggrappano a lei come non mai, la rispettano, l’uno risparmiando l’altro e l’altro assistendolo con umana compassione. «Io non so perché mi salvò la vita. Forse in quegli ultimi momenti amava la vita più di quanto l’avesse mai amata. Non solo la sua vita: la vita di chiunque, la mia vita. Tutto ciò che volevano erano le stesse risposte che noi tutti vogliamo: da dove vengo, dove vado, quanto mi resta ancora. Non ho potuto far altro che restar lì e guardarlo morire».
Ma il film non è finito, si attende ancora di sapere come andrà a finire una neonata storia d’amore (si sta parlando della versione dell’82, non di quelle successive che hanno modificato la chiusura…): le considerazioni finali Deckard le fa su un astronave e con le immagini di panorami che Ridley Scott “rubò” a dei girati che Kubrick fece per “Shining”, con la splendida “End Titles” di Vangelis.
E’ proprio a quelle immagini a cui si sono ispirati i Doves per “Jetstream”, il primo estratto da “Kingdom Of Rust” che i Doves rendono disponibile per essere scaricato gratuitamente sul loro sito mettendo la propria mail e la nazione. Così in una mappa del globo appare anche dove sono gli ultimi 200 fans dei Doves che si stanno ascoltando “Jetstream”… Noi di Kalporz siamo stati i 14.198esimi.
C’eravamo chiesti se i Doves sarebbero riusciti a far uscire il loro album definitivo: “Jetstream” è sulla buona strada.
(Paolo Bardelli)