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Jace Clayton da anni si muove nei meandri dell’’underground. Il suo retroterra musicale è fatto di jungle, hip hop, ragga e di tutto quello che può rappresentare commistione e trasversalità nella musica nera. Attivo sia come dj che come produttore, ha ottenuto buonissimi riscontri dalla critica nel 2004 con l’album “Special Gunpowder” (Very Friendly), lavoro misto, ibrido e coraggioso.
“Uproot” è un mix vivo, pulsante, così personale e ricco da poter ambire alla stessa “dignità” di un album. Mixtape o dj-set che dir si voglia, “Uproot”, infatti, incarna l’essenza stessa della creazione per mezzo di creazioni altrui. Tracce di altri, concepite in contesti diversi, prese, assemblate, fuse, per dare vita a qualcosa di nuovo, originale. Questo è il risultato raggiunto da Dj/Rupture, capace di “creare” assemblando, in quasi un’ora di musica, vibra e vocalizzi che celebrano la trasversalità della musica black nelle sue derive più elettroniche. Ci sono la cadenza ed i bassi del dubstep, c’è anima e profondità afro; c’è padronanza tecnica nel mixing lungo quella che scorre come un’introspettiva “traccia unica” nella quale sono impastati suoni etnici e scosse elettroniche, elementi accostati nel contesto di un’interpretazione profondamente personale.
Dj/Rupture, dal proprio punto di osservazione di New York, sembra aver carpito il concentrato di suoni e umori provenienti da tutto il mondo; li ha distillati, accomunati, alternati. Si è immerso in paesaggi metropolitani ed ha esplorato luoghi esotici; ha inserito ed incollato episodi ragga in un continuum che sembra svilupparsi ed incedere in modo del tutto naturale.
Se alla fine volessimo a tutti i costi trovare per “Uproot” un’etichetta generale, giusto per avvicinare la sua singolarità al panorama più ampio dei generi, potremmo parlare di qualcosa che è dubstep ma anche etnico, afro e trasversale. Qualcosa che non avevamo ancora sentito e che non ci immaginavamo, forse perché la contemporaneità, quando giunge puntuale, finisce sempre per coglierci di sorpresa.