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Non è facile ripetersi.
Non è facile nel 2009, in particolare con la minimal techno e se alle spalle hai un ottimo album come “Chromophobia” (Kompakt, 2007).
Con “Take My Breath Away” Gui Boratto si muove verso quella che può sembrare, nella forma, una direzione piuttosto prevedibile ma che, in questo caso, non risulta per niente sbagliata. Le sue costruzioni, che incarnano ancora una volta i canoni comuni alle migliori espressioni, oltre ogni moda, della minimal techno, tendono a muoversi verso una sensibilità più pop senza per questo scadere necessariamente nell’ovvio.
Non mancano il tocco personale, la spinta verso la pulsione fisica, la profondità, la smania da rave, l’eleganza, ammirate nel precedente lavoro.
L’anima pop emerge con forza in “No Turning Back”, favoloso intreccio tra suono Kompakt, New Order e Daft Punk, come in “Besides”, trovando ulteriore conferma nel suono di “Les Enfants”, capace di evocare ancora elementi riconducibili alla band di Manchester.
Pulsa ancora con forza il cuore fatto di battute e scarni sottofondi (“Take My Breath Away”, “Opus 17”), si spinge fino a raggiungere i crudi picchi techno di pezzi come “Eggplant”, “Ballroom” e le punte di violenza di “Atomic Soda”.
Ci sono poi, un po’ in disparte per la verità, gioiose composizioncine elettroniche come “Colors”, “Azurra” e la rilassata chiusura di “Godet”.
C’era la sensazione che potesse scadere tutto in uno stucchevole calderone minimal-techno-pop. Invece, Gui Boratto da San Paolo del Brasile, si conferma vivo, ricco di idee, capace di inventare e lambire con perizia atmosfere pop. Il meglio, va detto, resta nelle tracce più “pure”, crude e techno che, crediamo, si moltiplicheranno nelle prossime uscite su 12”.
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