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Richard Dorfmeister e Rupert Huber sono vecchi compagni di scuola. Il loro primo lavoro legato al progetto Tosca risale al 1994 e, da allora, sembra che non sia cambiato poi molto. Nella seconda metà degli anni Novanta, un suono che aveva prima attraversato il periodo di fioritura del trip hop e nel quale, in quegli anni, si fondevano atmosfere etniche, jazz, vocalizzi ed elettronica, rappresentava certamente novità e contemporaneità. Era la downtempo.
Quello che, insieme ai lavori della coppia formata da Kruder & Dorfmeister (progetto condiviso da Richard con Peter Kruder) si imponeva come il cremoso suono di Vienna, ovvero una raffinata miscela di bassi e atmosfere elettroniche ottima per i fumatori di hashish, continua a resistere e si avvia ormai verso la fine degli anni Duemila.
“No Hassle”, ultimo lavoro di Dorfmeister e Huber, si presenta come un documento che attesta la continuità. In maniera certo non superficiale né semplicistica è proprio quello che ci si poteva aspettare adesso come cinque anni fa. Nessun clamore come quello suscitato da un pezzo come “Orozco”, tratto dal sontuoso “Suzuki” (!K7, 2000) e capace di definire allora la cifra stilistica del duo, ma tracce come “My First”, “Springer”, “Joe Si Ha”, “Rosa” che suonano ancora piacevolmente classiche. La formula rimane inalterata con brani capaci di sonorizzare con discrezione ambienti e stanze infondendo tranquillità. In alcuni casi si ricorre, con la consueta morbidezza, ad accenni di cassa in quattro (“Oysters in May”, “Elektra Bergenz” ), mentre in altri si cerca, sempre con gusto e mestiere, di dare forma a placidi sottofondi (“Raymondo”, “Elitsa”, “Mrs Bongo”).
“No Hassle” non è una rivoluzione, ma la piacevole e rassicurante conferma di un modo di fare elettronica capace di distinguersi e sopravvivere mantenendo i propri caratteri.