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La quiete dopo la tempesta. Non la calma piatta, né tantomeno il sereno: soltanto amari momenti di ozio che ti consentono di rimasticare le ragioni della sfuriata di poco fa. “Nostra Signora della Dinamite” segue di un paio d’anni uno dei lavori più unilateralmente arrabbiati dei Rossofuoco, quel “Tutti contro Tutti” che era un sisalvichipuò lanciato pochi istanti prima che divampassero le fiamme.
In quell’occasione Canali aveva confessato di aver riscritto i testi ad incisioni quasi terminate, di getto e sotto la spinta di un crudele insabbiamento di cronaca (un diciottenne ferrarese era stato massacrato a morte dalla polizia senza che la stampa locale si sentisse in dovere di riportare alcunché). Questa volta, invece, musica e parole sembrano andare a braccetto, influenzando l’una i toni delle altre. Del resto ormai dovremmo esserci abituati a considerare il Canali come un “cantautore elettrico”, lui che pure i cantautori, quelli veri, si diverte a sfotterli .“ti rifugi in un bar all’ombra dell’ultimo sole / lunga e diritta correva spietata la lagna di un cantutore”. Così canta: ma proprio queste dieci canzoni, più di altre dal suo repertorio, evidenziano una stoffa autoriale che va ben oltre l’urlo primigenio del rock. Non è un caso che i risultati lirici migliori vengano a galla quando si tocca un argomento finora tabù, come l’amore: la ballata elettroacustica di “Lezioni di Poesia” e, più ancora, “Tutti gli Uomini” riescono a strappare all’ultimo Fossati quel tanto d’ispirazione che mancava alle sue prove più recenti.
Quando invece si torna a giocare ai cattivi, non si fanno più sconti: se questo disco è un polso affidabile sul modus pensandi del suo creatore, a tastarlo verrebbe quasi da dire che con l’età che avanza le riflessioni di Canali galoppino sempre più verso la forma mentis di un potenziale neobrigatista… C’è persino un inno ufficiale al tritolo! Avresti di che preoccuparti e invece ti ritrovi a sottoscrivere, parola dopo parola, qualsiasi manifesto più o meno politico l’ex CSI decida di declamare sulle note della sua band. Al contrario di quell’altro che si chiamava Giorgio – sempre a proposito di cantautori – Canali non invecchia per rassegnarsi: invecchia per incazzarsi sempre di più, da vero Nichilista Attivo qual è. Batte con accanimento sugli stessi tasti dolenti di sempre, e non c’è da stupirsi se qualcuno si lamenta che si tratti della solita minestra. E’ vero, da “Lazlotoz” in poi i Rossofuoco ci hanno proposto e riproposto sempre lo stesso disco: lo stesso che abbiamo ancora un urgente bisogno di ascoltare, oggi come dieci anni fa.