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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Monica Melissano, dal 2000 al timone dell’etichetta (e booking agency) Suiteside, che può vantare nella propria scuderia un consistente manipolo di interessanti formazioni (dai Banshee ai Damien*, passando per Hollowblue, Laundrette, Morose, Candies e Gazebo Penguins). Nata a Lecce nel 1971, Monica Melissano ha in passato collaborato alle riviste Rumore e Jam, curando tra l’altro la programmazione e il palinsesto musicale di Radio Città del Capo di Bologna. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo “L’Irlanda del Rock”, “Brit” (per Castelvecchi) e le Guide Rock di Irlanda e Inghilterra per l’omonima collana di Editori Riuniti.
Partiamo dalla Suiteside: vuoi che la tua etichetta sia associata ad un certo tipo di sound piuttosto omogeneo o il tuo obiettivo è quello di sviluppare nel tempo un’offerta eclettica?
Suiteside esiste da ormai quasi dieci anni, e in parte ha seguito gli “eventi” della scena musicale, seguendo un percorso legato allo scorrere del tempo e ai mutamenti del gusto. Se c’è una linea che ritengo riconoscibile è un certo gusto per la composizione più che per le sonorità. Ho avuto modo di dire più volte quanto ritengo più difficile e meritevole essere in grado di comporre una “canzone” che mettere assieme dei suoni più o meno “sperimentali”. La difficile arte della ricerca di un ritornello, un riff o un testo che rimangano impressi e abbiano un significato è quella che prediligo.
The Banshee – myspace
Hai intenzione di allargare il roster di band dell’etichetta oppure preferisci concentrarti su quelle già in catalogo?
L’intenzione è quella di consolidare i rapporti esistenti con le distribuzioni estere, allargare a bands straniere (su cui ho già idee e proposte concrete) e concentrami sui gruppi italiani già nel roster che abbiano volontà e capacità di proporsi a un pubblico perlomeno europeo. E con questo intendo non certo il livello della proposte musicale, che ritengo ovviamente valido per tutti i gruppi con cui lavoro, ma il tempo e il grado di impegno profusi nel promuovere le uscite anche in altri paesi con tour.
La scena italiana ti pare vitale o predomina ancora il vecchio complesso di inferiorità rispetto alle proposte angloamericane?
Predomina la mancanza di mezzi economici e la mancanza di un’ottica imprenditoriale, per cui fare uscire dischi diventa una sorta di missione culturale contro il mainstream dominante piuttosto che un’attività pur piacevole ma lavorativa.
Damien* – myspace
Partendo dal presupposto che è difficile esportare la musica italiana all’estero, credi che comunque ci sarebbe curiosità da parte del pubblico straniero?
Qui non è questione di credere ma di sapere. Al pubblico straniero – definizione anche troppo generalista visto che uno spagnolo non è un inglese nè un austriaco – se un gruppo piace non importa affatto che sia italiano o di Timbuctù. Com’è logico che sia.
Domanda da dieci milioni di dollari: quale senso hanno le etichette in un momento storico come questo, secondo te? Che tipo di futuro le aspetta?
Hanno il senso di lavorare come un management per i propri gruppi, seguendone la crescita e cercando risorse, e crescendo a loro volta. Un “collega” di una label UK di recente mi faceva il paragone del gioco della cavallina. La label fa fare un passo avanti al gruppo, e poi lo deve fare a sua volta in termini di investimento, e così via, altrimenti chi non sta al passo dei due si sgancia.
Passiamo all’Inghilterra, che credo tu conosca bene: che tipo di sistema mediatico-promozionale gira attorno alla musica lì? È un modello “importabile” da noi?
No, non è importabile perchè qui non c’è mercato, il fatturato è ridicolo (parlo ovviamente di “indie”) e i media non hanno alcuna influenza sulle cifre di vendita. La ragione per cui le label italiane fanno fatica a crescere all’estero è che non si può partire da qui per raccogliere risorse da reinvestire all’estero, ci si dissangua qui e basta. Bisogna partire direttamente da un’ottica europea quando si lavora su un progetto. Il che significa confrontarsi da subito con PR, booking agencies, business plans.
Gazebo Penguins (foto Jukka Reverberi) – myspace
NME: ha così tanto potere di indirizzare il mercato?
Penso influenzi più i cachet italiani dei gruppi stranieri che vengono a suonare qui.
Come vedi la scena inglese di adesso, magari ancora underground… Consigliaci qualche nome dai.
In realtà la mia impressione è che si sia al punto del rimpallo con gli Stati Uniti, come accade a fasi alterne. Non c’è al momento una scena forte nuova che arriva dall’Inghilterra, come è stato col new rave ormai tre anni fa. Alcune delle band nuove che mi stanno attirando arrivano dagli States, Vivian Girls, These Are Powers, Virgins, e in particolare dall’area di New York, anche i MGMT, fenomeno dello scorso anno, sono di Brooklyn. Per cui occhio, se se ne fa una questione di fedeltà territoriale si rischia l’involuzione.
Come ti venne l’idea del tuo libro Brit? I feedback che hai ricevuto ci possono far sperare in un “secondo capitolo”?
No, non direi proprio, anche perchè oltre ai feedback non ho ricevuto altro, e intendo neppure un centesimo. E poi ora c’è Wikipedia, basta andar lì e si trovano informazioni assolutamente aggiornate.