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A otto anni dal folgorante esordio “The Herethereafter”, l’ex (seconda) voce e collaboratrice dei Brian Jonestown Massacre torna con un nuovo album a nome proprio riconfermando quanto di buono aveva saputo presentare al pubblico. Un folk pop genuino e ispirato, cresciuto in scrittura e abile nel saper miscelare le diverse componenti musicali in una tracklist variegata dall’inizio alla fine. Se la matrice pop di buona parte del debutto sembra pesare meno nell’economia del disco, le nuove composizioni si contraddistinguono per una sapiente scelta nel far convivere tanto il lato più intimista quanto le aperture chitarristiche, senza rischiare che il tutto collassi in un’unica direzione. La forza della songwriter di Los Angeles sta qui, nel saper far risaltare il suo timbro vocale, fascinoso ma non eccelso, su canzoni invece pregevoli.
C’è il pop della malinconica “Early November” (che dava il titolo all’EP uscito sul finire del 2008) e della più melodica “Pictures of You” tanto quanto le atmosfere bucoliche e arricchite dalla steel guitar di “Olive Tree” e “Savorin’ Your Smile” (dove si respirano gli ultimi Mojave 3). Colpisce inoltre l’equa distribuzione nell’utilizzo di piano e chitarra, strumenti prediletti dalla nostra. Il primo apre l’album lungo i cinque minuti di “Breathless”, tra i migliori episodi del lotto, e lo chiude in “Last Days of Summer” dopo le ballate “That Baby” e “Hideaway”. Chitarra e attitudine più spiccatamente folk singer si ascoltano invece in “Life Boat”, altra gemma imperdibile, e nella più riflessiva “Hidden Treasure”.
Sembra quindi non voler scontentare nessuno, o, meglio, dare a tutti l’opportunità di innamorarsi delle diverse sfaccettature della sua musica senza prediligere un aspetto a discapito di altri. E, come detto, sembra esser proprio questo il punto di forza di un disco fresco e adatto a ogni stagione. Con un lavoro simile l’uscita dall’underground è davvero più che mai auspicabile.