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Il Manuale per la Sopravvivenza dell’Undergrounder Newyorchese consiglia caldamente un cambio di guardaroba per ogni nuovo anno di attività. Pena, fare la fine del povero Julian Casablancas, che a forza di indossare (e battere) sempre lo stesso chiodo, ora cerca disperatamente di rattopparlo, andando a recuperare i cocci della sua band da dispersivi sentieri solisti. Onde evitare gli stessi tristi esiti, gli Yeah Yeah Yeahs hanno pensato bene di approfondire l’amicizia con l’attuale Re-Mida della Grande Mela musicale, il David Sitek che già stava dietro le quinte dei due album precedenti. Si dà al caso che nel frattempo il demiurgo dei Tv on the Radio abbia maturato una notevole cotta per tutto quel pop danzereccio che divise la fine degli anni Settanta dall’inizio degli Ottanta, al punto da sospingere verso quei lidi anche l’ultimo lavoro della propria banda-madre. Così si delinea il processo di genesi di “It’s Blitz”, opera terza della formazione americana con qualche sorpresa sonora che a questo punto avrete già fiutato.
La chitarra di Zinner finisce dritta in seconda fila (a fare i ‘rumorini’), la batteria di Chase disegna ritmi decisamente quadrati ed entra in competizione diretta con tutta una serie di macchinari tecnologici; se c’è qualcuno che nel cambio ci guadagna, quella è senz’altro Karen O’, sorprendentemente a suo agio nei panni dell’electrovocalist, quasi una Madonna dei sotterranei… La sua del resto è una di quelle voci che “dove le metti stanno”, appoggiate su ruspanti esemplari di garage rock come alla testa delle truppe di sintetizzatori che muovono “Soft Shock”. Le rendono buon servizio pure le nuove composizioni, specie quelle che tendono al ritmo lento: c’è qualche numero meno movimentato che sfoggia il marchio dei TOTR in bella evidenza, ma soprattutto ci sono i brani che sulla secondo “lato” del disco, quasi interamente votata a ballate e mid tempo. A voler pensare male si potrebbe quasi ipotizzare una mano dall’alto che abbia accompagnato Karen O’ lungo una progressiva (e programmata) maturazione, dalle sguaiataggini di “Fever To Tell” fino alle pose “strappamutande” presenti su “Runaway”, anticamera perfetta per un eventuale lancio da diva solista.
Aggiungeremmo che, come molti altri progetti cui Sitek ha messo mano, “It’s Blitz” è un lavoro con tutti i crismi del genere e che la confezione sonora che rasenta la perfezione…ma non basterebbe. I garagisti più accaniti preferiranno vederlo come il tradimento della musica suonata (leggi “vera”) a favore dell’inautenticità delle macchine e del pop da alta classifica. Ma questa è la dura legge di New York e di una scena in continuo divenire: cambia pelle o muori. E se ancora la cosa non vi convince, potete sempre aspettarli al varco del prossimo dancefloor.