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E’ durissimo fare una rivoluzione. Le immagini di questi giorni provenienti dall’Iran sono a tratti agghiaccianti, e ci mostrano una repressione che sta sfociando sempre di più nel sangue.
La potenza di Internet, congiunta con l’astuzia degli iraniani nello sfruttarla, rende i tentativi della Repubblica Islamica di coprire la protesta agli occhi del mondo, tagliando le telecomunicazioni del paese ed impedendo ai media stranieri di filmare, a dir poco vani. YouTube è inondato, negli ultimi giorni, da video che documentano perfettamente la situazione: riprese col telefonino, montaggi di foto. Alcuni mostrano spari, manganelli e corpi insanguinati, altri celebrano l’imponente fiume verde di gente che ha invaso Tehran.
Per molti di questi viene scelto lo stesso commento musicale…e allora, fatta la dovuta ricerca, voilà la canzone: si intitola “Yar-e dabestani-e man”, letteralmente “Il mio compagno della scuola elementare”, testo scritto nel 1980 da Mansour Tehrani, interpretata poi da diversi cantanti.
Col passare degli anni è diventata una canzone simbolo della lotta per la libertà: in particolare, ad appropriarsene sono stati gli studenti – anche in questi giorni, sono loro a cantarla spesso per le strade. E non a caso: è un brano che parla di riscossa ma soprattutto di solidarietà, quella che ci può essere tra compagni di scuola che, da piccoli, subiscono l’autorità del maestro che insegna a scrivere a suon di bacchettate e, da grandi, lottano insieme sotto i colpi di quello che si è trasformato nel bastone della repressione…
Ecco il testo tradotto dal persiano:
“Mio compagno della scuola elementare,
sei con me e percorri la mia strada,
con la bacchetta dell’alfabeto sulle nostre teste,
sei il mio groppo in gola ed il mio sospiro.
Il mio nome ed il tuo sono stati incisi
su questa lavagna nera,
il bastone dell’ingiustizia e della tirannia
lascia ancora segni sui nostri corpi.
Nella nostra pianura incivile
non crescono che erbacce
e, buoni o cattivi che siano,
nei cuori della sua gente è morta la speranza.
La mia mano e la tua devono
squarciare questi veli
e chi, se non io e te
può guarire il nostro dolore?”
Qui si può ascoltare una versione classica, cantata da Jamshid Jam (neanche a dirlo, a corredo di foto della protesta in corso!):
Questa, più recente, è del gruppo Mojahedin, con tanto di assolo rockettaro di chitarra finale:
Intonata in piazza:
(Luce Lacquaniti)