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30 maggio 2009
Hamilton:
Il giorno di Neil Young è caratterizzato dall’invasionel pressoché totale dell’area del festival da parte dei fan di Neil Young. Li riconosci perché sono tutti – sia i ventenni, sia i cinquantenni buscaderiani che, non ci crederete mai, esistono anche in Spagna – dei vetero-hippy convinti che la musica sia finita nel 1975 e che le uniche persone che vale la pena ascoltare sono quella attive da prima e che ancora continuano ad andare avanti. Ascoltare i loro discorsi mentre stai cercando di seguire Chad Van Gaalen è un’esperienza straniante. “Hai visto il tour di Fogerty dell’anno scorso?”, “No, ma in compenso ho visto cinque volte Ry Cooder”. “Chiaramente ho già preso i biglietti per il concerto di Bruce [Springsteen, ndr]”, “Io ho pure quelli di Tom Waits” e così via. E le magliette sono solo di Neil Young, Led Zeppelin, Bruce Springsteen, Bob Dylan, Creedence Clearwater Revival e i Doors. Uno spettacolo imbarazzante. E sì che la giornata è cominciata nel migliore dei modi con l’ottimo – e sentitissimo – concerto dei New Year. Certo, merito anche dell’Auditori, ma la band ha fatto davvero un concerto speciale e su 18 molti fan – e ce ne erano davvero molti! – si sono messi a piangere in maniera molto poco post-rock e molto emo.
Quando suona Neil Young non puoi permetterti distrazioni, soprattutto se è la prima volta che lo vedi e soprattutto se sai che quelle legioni di vetusti buscaderiani sono lì solo per lui. Devi giocare di anticipo e cercare di guadagnare metri durante i Jayhawksche, insomma, proprio gli ultimi stronzi non sono. Da queste parti li si ama molto e la notizia della reunion e di un nuovo disco ci mette tutti di buon umore. Il concerto poi, è quello che ti aspetti da una band che, assieme ai Wilco, ha dato un senso al country nell’era della postmodernità.
Gente che canta felice. Gente che non si muove. Per Neil Young si registrano dati di un certo livello. Del resto, the loner non suona in Spagna da vent’anni quindi c’era una certa attesa. Mai vista così tanta densità di popolazione ad un concerto. Si respira a fatica e la gente fa a gara a pestarti i piedi. La schiena ringrazia sentitamente per la postura assolutamente delirante cui la si costringe e le buone maniere ringraziano diffusamente quelli che ti passano davanti senza nemmeno chiederti se non ti gira “no perché sai, sono qui da un paio d’ore, vedi un po’ tu”. Mi riferisco a te, esaltato buffonazzo con lo sguardo da pesce lesso che non ha fatto altro che saltarmi sulle scarpe per i primi venti minuti di concerto. So che mi stai leggendo. Ti abbiamo odiato tutti e quando sei andato a rompere le palle altrove è stato il momento più bello del festival. No. Scherzo. Non sei così importante. Il momento più bello del festival arriva all’incirca alle 21.30, quando Neil Young attacca il secondo pezzo. Questo.
Insomma, parliamoci chiaro. I buscaderiani un po’ di ragione ce l’hanno. Cioè. NEIL YOUNG. Elettrico. Esaltato. Esaltante. Pazzo. Cioè. E uno deve pure scriverci un report? Cioè, Hey Hey, My My! The king is gone but is not forgotten! E perché uno ascolta musica? Guarda concerti? Canta? Suona? Bestemmia? Per vedere cose del genere, per avere la conferma che sì, esiste, esiste ed è qui a spaccare il culo a sessantaquattro anni suonati agli indie-rocker che uhh ma perché devo alzare il volume della chitarra… uhh aspetta che metto delle basi elettronichine tanto carine… uhh ma i pantaloni sono andati fuori moda 5 minuti fa… mavvaffanculo.
E tanto per gradire, dopo due ore e passa di concerto, un bel bis. Quale? Questo.
Neil Young. Beatles. Neil Young che fa un pezzo dei Beatles. Ne vogliamo parlare? Lo vogliamo banalizzare a parole? Devo cercare di scrivere una cosa del genere? Devo scrivere di Neil Young che coverizza e fa suo uno dei più grandi pezzi della storia della musica pop? Di Lennon/McCartney? Di quel dischetto che è Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club-fottutissima-Band? No. Non ce la faccio. È troppo. Il festival è finito qui. Dai. Non ha più senso. Niente.
Neppure i Liars visti così alla chissenefrega, neppure i Deerhunter che pure piacciono molto e sono stati visti da un numero imbarazzante di persone – ad occhio potevano essere trentamila… tutte per loro… e quando gli ricapita? – nemmeno i fuoriclasse assoluti Sonic Youth che, da buoni geni sregolati, quando hanno la luna storta diventano mediamente noiosi e infatti deludono (peccato perché visti sullo stesso palco due anni prima, fecere un concerto assolutamente megagalattico). Niente. Basta. Chi era al Primavera Sound 2009 si ricorderà fondamentalmente Neil Young. Neil Young che chiude facendo i Beatles. E poi tutti gli altri. Anche se sono dei fuoriclasse, anche se hanno fatto dei grandissimi concerti, anche se è stato come al solito speciale e bellissimo, anche se… non importa. Per l’oggettività ci sarà tempo. In questi giorni, anno dopo anno, è il cuore a volere la sua parte. Rock’n’roll will never die.
Piero:
Al cospetto dell’eccezionale performance del vecchio Neil con quella chiusura da brividi lungo la schien risulta effettivamente difficile parlare del resto delle esibizioni della giornata in cui l’esaurimento delle scorte di birra offerta gentilmente nell’area VIP crea scene di panico. Non deludono le attese nate dall’ottimo album “Rook” gli Shearwater, il progetto del tastierista degli Okkervil River, con il loro folk-rock apparentemente classico e lineare ma non privo di sbocchi Radiohead e un pathos sempre acceso e vibrante nella ruvida voce di Jonathan Meiburg.
Ci si perde qualcosa cui si terrebbe particolarmente (Gang Gang Dance, Oneida, El-P) e ci si imbatte magari in momenti da riempire in performance non irripetibili, come quella degli Jesu, forse poco a loro agio nell’assolato pomeriggio sul lungomare di Barcellona.
In fondo il Primavera è pur sempre un festival, il festival. Perché è impossibile trovare in Europa una situazione in cui così tante persone siano lì per guardare non tanto per i Sonic Youth che si lasciano apprezzare nei nuovi brani (spiccano “Antenna” e “Sacred Trickster” come nei classici da “Daydream Nation” (“Hey Joni”, “The Sprawl”, “’Cross The Breeze”) e soprattutto nelle chicche da “Confusion Is Sex” (“Brother James”) e “Evol” (“Tom Violence”, “Expressway To Yr. Skull”) con l’immancabile ondeggiante “Bull In The Heather”. Quanto piuttosto i lanciatissimi Liars che in Italia fanno fatica a riempire piccoli club, mentre qui creano un torpedone che impedisce di avvicinarsi al palco ATP. Così si è costretti a seguire le degenerate suite di Angus Andrew e soci al buio sotto gli alberi che segnano il sentiero per il palco, il che rende il sabba ancora più spettrale e inquietante.
Quasi in contemporanea poi attaccano i Deerhunter che con “Microcastle” sembrano esser travolti da un successo più grande di loro. La capacità dei quattro ragazzi di Atlanta scrivere gran belle canzoni con uno stile molto peculiare è indubbia così “It Never Stops”, “Cryptograms” “Nothing Ever Happened” o “Agoraphobia” cantate da migliaia e migliaia di appassionati neanche si trattasse di Kings Of Leon o The Killers è un’immagine che fa emozionare. Noi e soprattutto loro.
Nomi come i suddetti non se ne leggeranno mai nei listoni del festival, anche perché il nome più di compromesso del giorno potrebbe essere al massimo quello dei Simian Mobile Disco con la loro incessante electro che chiude nel migliore dei modi la programmazione di uno dei due palchi principali.
In linea di massima al Primavera Sound si preferisce osare nella scelta degli ospiti, a tal punto da inserire in cartellone l’inusuale performance – comunque indoor – di un compositore classico quale Michael Nyman che con il suo piano costituisce un intermezzo inaspettatamente narrativo e rievocativo nel caldo pomeriggio catalano creando una situazione piuttosto onirica se rapportata al contesto di ciò che succede parallelamente là fuori. Nel non-luogo.
NEIL YOUNG
Mansion On The Hill
Hey Hey, My My
Are You Ready For The Country
Everybody Knows This Is Nowhere
Pocahontas
Spirit Road
Cortez The Killer
Cinnamon Girl
Mother Earth
Needle & The Damage Done
Unknown Legend
Heart Of Gold
Old Man
Down By The River
Get Behind The Wheel
Rockin’ In The Free World
————-
A Day In The Life
DEERHUNTER
Cover Me (Slowly) Play Video
Agoraphobia
Intro
Cryptograms
Never Stops
Rainwater Cassette Exchange
Dr Glass
Hazel St
Nothing Ever Happened
Microcastle
Octet
Vox Celeste
Calvary Scars II/Aux Out
SONIC YOUTH
Brother James
Sacred Trickster
Hey Joni
No Way
Calming The Snake
Antenna
Sprawl
Cross The Breeze
Anti-Orgasm
Leaky Lifeboat
What We Know
Tom Violence
Pink Steam
——–
Bull In The Heather
Expressway To Yr. Skul