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La cosa strana è che non abbiano ancora ricostruito. Lo sanno tutti, e lo si nota fortemente quando si è a New York: palazzi vengono abbattuti e ricostruiti un batter d’occhio, in sei mesi circa. A Ground Zero invece sembra che tutti lavorino e contemporaneamente non facciano niente, sembra che N.Y. non si sia ancora decisa a voltare veramente pagina da quell’11 settembre di 8 anni fa. Perché le dietrologie abbondano a sproposito, per cui basterebbe voler davvero mettere qualche puntino sulle “i”, chiarire qualche aspetto poco chiaro, per poi lasciare spazio a commemorazioni sentite e semplici che si svolgono in un luogo nuovo, ricostruito.
N.Y. ha già superato, superò subito per merito dell’enorme condivisione di intenti dei newyorkesi, sempre protesi a migliorare verso qualcosa che non c’è ancora e dunque immediatamente intenti a colmare un vuoto con la buona volontà.
Però Ground Zero è ancora, praticamente, rasa a zero. I conti aumentano vorticosamente e della proverbiale pragmaticità americana non c’è traccia. Ma non è un caso, è un segno, non so quale.
Ground Zero oggi, 2009.
Vedi anche la webcam su www.rebuildgroundzero.org
Per ricordare oggi quello spaventoso evento, una maniera semplicissima può essere andare sul sito della CNN e guardare qualche volto, qualche storia, di chi morì nelle Torri Gemelle. Basta poco e qualche viso può aiutare ad essere più vicini a quelle vite.
Se devo poi associare una canzone a questo memorial, me ne viene subito in mente una in particolare. Era il 2001, e un disco capeggiava il mio lettore, probabilmente risuonò anche quei giorni. “One Way Street” di Mark Lanegan è perfetta, perché quando la notte calò su quell’11 settembre “the stars and the moon aren’t where they’re supposed to be”.
(Paolo Bardelli)