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Orfani degli Arctic Monkeys? Il nuovo corso delle Scimmiette fa discutere: qui su Kalporz abbiamo detto la nostra, approfondita con la recensione del dotto Dotto di "Humbug" e leggermente piccata con il referendum sugli effetti lisergici del deserto sulle chitarre fino ad allora sempre sveglie e veloci dei Monkeys. Sul Facebook di Kalporz si sono animati gli animi, con pareri opposti di chi evidentemente si aspettava qualcosa di immediato e di chi, comunque, apprezza molto anche questa eleganza da flanger. Indipendentemente da come si valuterà questo disco fra un po’ di tempo – perché credo che occorrerà ascoltarselo bene e lungamente – una cosa è certa: gli Arctic Monkeys sono cambiati.
Perciò, facciamocene una ragione. Tanto ci sono altre band che possono benissimo coprire quel lato scoperto di irruenza epidermica a cui ci aveva abituato la band di Sheffield. Compito non facile, peraltro.
Motivo per cui questi Bang Bang Eche, neozelandesi di Christchurch, ci sorprendono. Genere diverso, intendiamoci, rispetto alle Scimmiette Artiche, qui c’è solo la prima incoscienza e l’età, però il riff iniziale di “(You + Me) As Thick As Thieves” potrebbe davvero ingannare. Poi il pezzo (moolto, moolto riuscito, anche il video) parte per una tangente di derivazione disco/shit/punk/electro-e-chi-più-ne-ha-più-ne-metta, con un cantato quasi rappato. Divertenti.
Chissà se questi neozelandesi, che hanno all’attivo un ep omonimo – “Bang! Bang! Eche!” (2008) – manterranno le aspettative come ha sempre fatto il loro connazionale Peter Jackson. Intanto ci torniamo ad ascoltare “Humbug” e ci capita “Dance Little Liar” che ha, ammettiamo, un climax invidiabile e una parte finale coraggiosa… vabbé, il discorso si fa lungo.
Lo rifaremo più avanti.
(Paolo Bardelli)