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Lo shoegaze è veramente tornato? Di questo e molto altro si parla con il duo di Washington che sembrerebbe venuto fuori dagli anni ’80 per i suoi rimandi a Spacemen 3, Jesus & Mary Chain, synth-pop e dark-wave. Impronta chiaramente shoegaze, ma un po’ come i Primal Scream, gli Screen Vinyl Image sono riusciti comunque a creare, nell’esordio d’esportazione “Interceptors”, una peculiare electro-psichedelia che ha reso l’album uno dei debut più interessanti del 2009. Parola d’ordine: play loud!
Innanzitutto, chi siete? E il perché questo nome.
Siamo gli Screen Vinyl Image e veniamo dagli stati della Virginia e dell’area di Washington DC. Il nostro nome praticamente è venuto fuori da parole random messe insieme, suonava veramente cool.
Il vostro arco di influenze include Dario Argento, Phil Spector, Spacemen 3, elettronica, shoegaze e tanta altra roba, ma cos’è che rende peculiare e interessante il vostro suono? Come descrivereste la vostra formula a gente che non ha mai sentito parlare di voi? Possibilmente usando meno parole della mia recensione…
La nostra storia rientra nella scena shoegaze statunitense (Skywave, Alcian Blue, Ceremony, A Place To Bury Strangers, December Sound, Ringo Deathstarr, etc), ma amiamo molto anche alcuni dei classici psychedelic/shoegaze (Curve, Slowdive, MBV, Loop, Velvet Underground, Silver Apples, Spaceman 3, etc). Tuttavia siamo stati pesantemente influenzati da pionieri dell’elettronica quali i Kraftwerk, Tangerine Dream, da Giorgio Moroder e dalla scena italo-disco degli anni 80 come dalla dark-wave. Allo stesso tempo ci piace lavorare con sequencer e drum-machine così anche l’hip-hop e l’electro rientrano nelle nostre influenze. Quanto i film, del resto. Ne guardiamo un sacco, di qualsiasi periodo (soprattutto i più vecchi), con internet cerchiamo di imparare di più su correnti e movimenti. I preferiti? Horror e sci fi, molto influenti nella gestazione di “Interceptors”. Persino la copertina è stata ispirata da “Suspiria” di Dario Argento, diciamo che c’è una linea comune negli Screen Vinyl Image visto che amiamo l’horror/thriller italiano di Argento e Bava e determinati classici americani, da John Carpenter a Toby Hooper, e addirittura Rod Serling, quello che ha fatto “Twilight Zone”.
Come ho scritto nella recensione, paragonandovi al filone di M83, Ulrich Schnauss, A Sunny Day In Glasgow, A Place To Bury Strangers tutti ultimamente suonano più shoegaze del solito, persino in generi apparentemente distanti. Addirittura in Inghilterra dove sembrava veramente morto e sepolto. Credete stia nascendo una nuova ondata di band shoegaze?
Difficile a dirsi. Sono anni che si sente dire una roba del genere, ma poi nulla di fatto. Credo sia un genere apprezzato ora più che ai tempi in cui abbiamo iniziato a suonare come Alcian Blue, alla fine degli anni ’90, ma sono convinto che non sia uno stile che possa balzare in top-40 così all’improvviso. Resterà irremediabilmente underground, meglio così. Ultimamente tantissime band ammettono di ispirarsi a My Bloody Valentine e Slowdive e ciò le spinge in nuovi territori. Il che è fantastico.
Non vi ho mai visto dal vivo, ma probabilmente da quello che gira su youtube, suonate a volumi sostenuti, i suoni delle vostre chitarre ricordano i Jesus & Mary Chain e i Curve eppure, come hai detto, definirvi shoegaze è alquanto riduttivo. Pensi dunque sia la componente più alla Suicide o dark-wave a risultare decisiva nel primo impatto dell’ascoltatore coi vostri brani?
Una cosa che abbiamo sempre amato delle band shoegaze sta nel fatto che le melodie siano sempre catchy, nonostante i massicci muri di suono su di loro. Puoi ascoltare all’infinito gli Slowdive e ogni volta ascolti un suono su cui non avevi mai soffermato l’ascolto. Questo rende lo shoegaze un punto di riferimento quando siamo in studio. Ci piace stratificare il suono per dare più dimensione ai nostri pezzi. Ma i nostri spunti non si accomodano soltanto sullo shoegaze laddove suoni alla Suicide oppure anni ’80 e anni ’70 vengono fuori. Non è nostro proposito riproporre uno shoegaze classico, ma un’amalgama di diverse influenze. Per quanto riguarda il fatto che suoniamo a tutto volume, tendenzialmente abbiamo una reputazione del genere grazie ai nostri live. Credo sia parte dell’esperienza che cerchiamo di proporre al pubblico. Abbiamo dei nostri visual e delle strobo che combinati con dei volumi esagerati fanno sì che chi viene a vederci dal vivo si senta perso e disorientato per almeno quaranta minuti.
Di fatto siete venuti fuori all’estero con un LP. Malgrado il web sembri ormai uccidere il formato-lp, non solo per questioni di durata quanto per il loro valore estetico-concettuale che lega la musica alla confezione. Si ascoltano migliata di band e di conseguenza diventa sempre più difficile prestare attenzione a ciascuna traccia in un LP. Il vostro approccio “multi-dimensionale” in quella che considerate un’arte con riferimenti a film, visual, circuiti sequenziali, cultura vintage vi rende particolarmente orgogliosi del vostro arduo tentativo di andare contro questo trend generalizzato? Crediate che sia ancora possibile avere un approccio concettuale nella musica?
Domanda davvero interessante! Facciamo musica perché ci piace farlo e se la gente apprezza, apprezziamo anche di più quello che realizziamo. Effettivamente uno strumento come internet potrebbe finire per uccidere l’LP, ma sono fiducioso, anzi scommetto che nel mondo ci sia ancora chi ama buttarsi nel letto sparandosi in cuffia un album in cui perdersi. Compenetrato nell’esperienza creativa dell’artista in questione e rendendola parte della tua vita, se apprezzi oltre una certa misura. Ascoltare canzoni in sequenza random non è assolutamente la stessa cosa.
A proposito del vostro collettivo Safranin Sound, una sorta di etichetta dall’impronta comunitarista, pensate sia un modello che possa fare strada?
In realtà questo tipo di modello sta in piedi da un po’ di tempo dal momento che gli artisti che ne fanno parte sono sempre stati in una certa misura collegati tra di loro. E parlo di Alcian Blue,
Skywave, Ceremony, Screen Vinyl Image, The Offering e The Antiques. In più siamo entrati in contatto con band quali The Vera Violets che vengono dalla Florida o The Vandelles da New York City e SafeAshome da Parigi. Un qualcosa di veramente piccolo, ma ci aiutiamo reciprocamente con promotion, organizzazione di concerti, design e tanta altra roba. E ciascuno conosce band e artisti diversi, facendo sì che si entri in contatto con molta altra gente interessata a questo tipo di progetto.
C’è qualcosa di nuovo da Washington DC, tralasciando ovviamente il vostro illustre nuovo concittadino? Intendo, a livello di nuova scena artistico-musicale, un po’ come in altri contesti “periferici” quali Baltimora dove diversi artisti (Animal Collective, Dan Deacon, Ponytail, Cass McCombs) di recente stanno venendo alla ribalta?
Ci sono diverse scene a Washington DC. Ottimi dj, proposte musicali che svariano dall’experimental passando per il pop e ovviamente la musica world. Noi lavoriamo in uno studio in cui per lo più ci passando band che fanno reggae, dub e d&b, come da tradizione black della capitale. Tale eterogeneità vale anche nel campo artistico. Su Baltimora, direi che ci piace un sacco suonarci. Soprattutto al Metro Gallery che è una sorta di galleria d’arte adattata a venue. In entrambe le città viene a vederci molta gente che ci segue da tempo, anche per questo ci stimola suonare fuori da quest’area.
A proposito di concerti, come sta reagendo il pubblico? Suonate praticamente ovunque negli States e siete volati fino al Giappone. Nulla in Europa? Sareste pronti alla sfida?
Tutto fantastico. Siamo in un tour intensivo fin dall’uscita di “Interceptors”. Sul Giappone direi che è stato un progetto che coltivavamo da tempo coi Ceremony e gli Eskimohunter, davvero eccitante andare a Tokyo per la prima volta. Stiamo facendo dei discorsi esplorativi per sbarcare finalmente in Europa, magari nel 2010, credo in Germania e UK. Ci piacerebbe venire anche in Italia, se solo potessimo, ovviamente. Penseremo subito alla registrazione dei nuovi demo, abbiamo già buone idee per le prossime canzoni che andremo a registrare.
Per concludere, 3 album di quest’anno che crediate tutti debbano ascoltare. E dei nomi di band sconosciute che vi sentireste di consigliare ai nostri lettori.
Senz’altro il nuovo degli A Place to Bury Strangers, fantastico. Così come per il nuovo dei Ceremony. Per il resto siamo reduci da un tour al fianco dei The Sky Drops (myspace), venuti fuori da poco con il primo LP ufficiale. Lo trovo ottimo. Puoi sparartelo su in casa o per strada, magari guidando. Altri nomi potrebbero essere Soundpool (myspace), Telltale (myspace), Thrushes (myspace), Ringo Deathstarr (myspace), Dead Leaf Echo (myspace). Roba da andare avanti per ore, so di molte band davvero valide che stanno per tornare nei negozi. Ne vedremo delle belle nei prossimi mesi.
Questo decennio è ormai agli sgoccioli. Meglio o peggio dei due decenni precedenti, da un punto di vista artistico il più generale possibile? Qualche titolo di album, e a questo punto, direi anche di film che hanno segnato gli Anni Zero.
I film non sono più quelli di una volta. Molti cercano di fare dei bei film, ma sembra prevalere dalla fine degli anni ’90 in poi la logica di fare soldi piuttosto che di produrre roba di spessore artistico. Soffermandosi su uscite recenti, quindi, Cecil B Demented e Coroline, cinematograficamente. Musicalmente “A Strangely Isolated Place” di Ulrich Schnauss’s “e “The Witching Hour” dei Ladytron.