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Questo non sarà un articolo nostalgico. Nessuna lacrima, neanche troppa celebrazione: però quando un sito, il nostro sito, compie 10 anni, beh, qualcosa bisogna pur fare. Ci si siede sul bordo del fiume e ci si immagina quanta acqua è passata, quanta musica è trascorsa sulle nostre pagine virtuali e quanti battibecchi ci sono stati nella nostra piccola famiglia redazionale.
La Piazza di Kalporz
(della mappa in Flash realizzata nel 2001 da Stefano Folegati)
Tutto molto bello. Non ci sono aneddoti troppo particolari da raccontare, e forse non interesserebbero più di tanto il lettore kalporziano. Ma questi 10 anni (Kalporz andò online il 26 giugno 2000 con una ventina di recensioni) sono lì, sono assolutamente tutti lì a dimostrare la passione che i kalporziani ci hanno sempre messo per raccontare i loro dischi preferiti, e anche quelli no. Basta guardarli, questi 10 anni, è sufficiente aprire Wayback Machine e si rimaterializzano, proprio come erano.
La prima fotografia rimasta online (http://web.archive.org/web/*/http://www.kalporz.com/) è del 18 ottobre 2000, con LL Cool J ad aprire (recensione di Fabrizio Roych): al tempo – mi raccontano gli “storici” di Kalporz – c’era un’ala hippopara kalporziana forte, foto di neri palestrati dal flow fluente aprivano spesso le home page, poi l’ala black ritornò minoranza anche se ultimamente però ha ritirato fuori la testa con l’Agazzi e il Varini. Groove has the power.
Home Page vintage, autunno 2000, oggi di nuovo online per il decennale.
A lato, la direzione che già c’era e diventerà da lì in poi maggioritaria in Kalporz: “Radiohead – recensioni e discussioni sul nuovo album ‘Kid A’”, uscito qualche giorno prima. La indica Max Cavassa, il mitico Max, anima insostituibile degli esordi con la penna arguta ed ironica: la chiusa della recensione è ancor oggi perfetta per descrivere quel disco (“Forse la tragedia della modernità”). Già il giorno successivo, il 19 ottobre 2000, online una tipica recensione kalporziana che strizzava l’occhio a quello che poi sarà definitivamente, e anche un po’ insensatamente, definito indie-rock: “Three” dei Black Heart Procession, parole autunnali del misterioso M&R che la leggenda vuole unico e doppio. Alla fine del 2001 arrivava il primo “Musikal Awards”, che vinceva un po’ sorprendentemente Ed Harcourt, con “Here Be Monsters” (c’era lo zampino del Cavassa?). Posto d’onore per “Field Songs” di Mark Lanegan e per “Amnesiac” dei Radiohead (la cui recensione era opera di Stefano Folegati, testa grafica di Kalporz e critico dalla parola posata e mirata).
Il video di “Cool Affair”, vincitore del Black & Brown Videocontest (sito), ideato nel 2001 da Kalporz in collaborazione con Irma Records, E-works, Vitaminic e Rai Smart Web
Tra un Disko-Miusik ed un altro (rubrica dance allora curata da Ivan Gamberini), l’anno successivo nasceva pure l’antesignano di Puorz du Cinéma con il Festival di Venezia (vedere il 25 settembre 2002, di Raffaele Meale uno dei kalporzscribacchini fin da subito più attivi), mentre tra le righe si faceva strada la consueta ironia kalporziana del “mandare tutto in vacca” (referendum del 27 settembre 2002: “Badly Drawn Boy che in concerto a Milano sbevazza vino, sbaglia i pezzi e se la prende con il pubblico… a) grande delusione, spero non capiti più b) è un eroe: genio, lambrusco e sregolatezza c) Badly chi?”).
La locandina del 2° Kalporz Festival (minisito), che si è tenuto il 13 marzo 2004 al Calamita di Cavriago (RE)
2003: il 31 marzo va online il report live di Marco Parente alla Casa 139, lo scrive un giovanissimo Paletta con l’occhio attento e votato alla scena italiana; Parente che sarà poi uno dei primissimi a calcare il palco del Calamita per la rassegna di concerti Live In Kalporz! (pagina del 3 ottobre). Anni di boom di iniziative kalporziane, come il Kalporz Festival (nel 2004, il 13 marzo, la 2° edizione con concerti di Kech, Zen Circus, Michael Sheep Band e pure “tornei di calcetto all’ultimo menisco” tra redazione e forumisti!) e inaspettate derive sportive (“Max alla mezza maratona di Nizza!”). Il novembre 2004 se lo ricorda anche il sottoscritto, con la prima recensione online (“Happiness In Magazines” di Graham Coxon) e probabilmente anche Hamilton (Santià), che ad agosto tratteggiava così bene “Modern Apprentice” degli Ikara Colt. Con ormai una serie inenarrabile di Speciali alle spalle in quei 5 anni (tra i più belli l’intervista del Meale ai Blonde Redhead e del Paletta ai Baustelle) e i primi report live di Arezzo Wave (2004), Festival che verrà un po’ “adottato” dai kalporziani, nel 2005 si verificavano molte new entry, tra le quali si faceva notare il Maruti con la sua sfrontatezza ma anche il Viarengo e il Sarda, e qualche abbandono (l’unica femména, Samantha Colombo).
Da lì in poi sembra una storia recente in cui Kalporz ha sempre cercato di allargare un po’ di più le visuali: l’elettronica con l’Artioli, le arti visive con la Califano, i report svedesi di Ikea-Pop (e non solo) del Merola – il sorprendente ragazzo che già a 18 anni ne aveva 30 –, le News che dici Caspiterina! del sottoscritto sempre più in giro a scovare artisti dai blog di tutto il mondo, le fotografie dello Spadini e di Amber Barni from Seattle, per non parlare di tutte le attuali penne come gli impeccabili e filosofici Giordani e Dotto, il fulgido Boselli, il competente Locandro, il potentissimo Centini, lo scugnizzo matto Franza, l’elegante Giovinazzo, il preciso Busia, la frizzante Italiano.
L’etichetta del Rosso di Kalporz (tutto vero).
Ecco, si è partiti discorrendo di musica e si è arrivati a parlare di persone. Perché, in fondo, Kalporz è una storia di persone, come lo è quella di tutte le famiglie. E’ partita da Luca, che è il fondatore e l’anima di questo scombinato collettivo, e si è allargata a macchia d’olio in ragazzi e ragazze che ci hanno creduto, ci credono, e ci crederanno nella bellezza di raccontare le proprie emozioni nell’ascoltare musica. Semplicemente quello.
E ciò supera il fatto che Kalporz è oggi graficamente lo stesso sito di 10 anni, il che non è esattamente un vanto, perché – quando la passione è autentica – va oltre e si trasmette al di là degli innegabili (ed umani) limiti. E perché non si sa mai che la leggenda metropolitana che Kalporz un giorno cambierà (sembra impossibile, eh??!) non si realizzi poi davvero.
(Paolo Bardelli)