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Se è vero che il revival si sincronizza con sonorità di due decenni prima, anche il Primavera Sound pare adeguarsi. Se l’edizione scorsa aveva fatto leva su Neil Young, My Bloody Valentine, Sonic Youth e le due filiazioni degli Spacemen 3, quest’anno l’evento clou è il ritorno sulla scena dei Pavement. Accanto ai Pixies che il meglio l’avranno anche dato fino al 1989, ma la cui influenza e popolarità sarà per certi aspetti superiore. Troppo riduttivo forse, anche perché oltre alle classiche perle che non ti aspetteresti mai se non al Primavera, il meglio della nuova scena musicale è tutto qui. Nomi che in Italia, se passano, si nascondono in club da 50 paganti. Nomi che, salvo poche eccezioni, restano ignoti ai giri pseudo-indipendenti del nostro paese o nel migliore dei casi sono annunciati in pompa magna come new band qualche anno dopo. Siamo un paese fermo. Anche nei settori che si lamentano di quanto l’Italia sia ferma. La Spagna forse lo è un po’ meno vista la quantità di festival sempre meno “per turisti” e sempre più popolati da indigeni. O indiegeni. Perché al di là di tutte le menate socio-culturali fanno un po’ sorridere questi spagnoli diversi dall’esemplare latino che abbiamo in testa. Conciati in tutto e per tutto come dei londinesi senza riuscire a emularne freddezza e modi scazzati e indolenti. E le loro accompagnatrici nei panni di bamboline indie con la caratteristica voce da trans che prevale su inglesismi impietosamente rivisitati con accento e incedere iberico.
Effetti collaterali di una socializzazione a questa scena brutalmente catalogata come INDIE accelerata da Internet e che non può non interessare gli aspetti meno musicali. Per il resto il Primavera rimane in tutto e per tutto un festival di appassionati. In tutte le sue manifestazioni più indie-snob, nerd, hipster e quant’altro. Non esistono spazi verdi. Non esiste fango. Il cemento rende facili gli spostamenti tra i cinque palchi per riuscire a vedere il più possibile scongiurando l’adozione di scarpe aperte o stivali. Line-up alla mano con nomi e orari evidenziati. O nelle versioni da nerd 2.0 tabella contrastiva multicolor dei vari palchi salvata in pdf sull’I-Phone (si è visto anche questo). Non si poga. Fanno più crowd-surfing gli artisti. In caso di decibel oltre il livello di guardia qualcuno esibisce con prudenza scandinava dei tappi per le orecchie.
Malgrado quest’anno non ci siano i My Bloody Valentine…
Pavement, Fuck Buttons, Broken Social Scene, Surfer Blood, The XX, Wild Beasts, The Big Pink, Titus Andronicus, The Fall, Moderat, Delorean, Superchunk, Bis, Monotonix, The Wave Pictures, Sic Alps, The Smith Westerns, Biscuit
Pixies, Japandroids, Wilco, Spoon, The New Pornographers, Here We Go Magic, Panda Bear, Best Coast, Cold Cave, Joker, Les Savy Fav, Diplo, Owen Pallett, Marc Almond, Cocorosie, Wild Honey
Grizzly Bear, Atlas Sound, The Field, The Charlatans, Real Estate, No Age, Pet Shop Boys, Ben Frost, Orbital, Sian Alice Group, A Sunny Day In Glasgow, Ganglians, The Slits, Dum Dum Girls, Circulatory System, Gary Numan, Thee Oh Sees, The Psychic Paramount, Florence + The Machine, Lee Scratch Perry, Dr. Dog, Lydia Damunt, Mujeres
***gli elenchi dei gruppi sono in ideale ordine dal migliore alla peggiore esibizione, sono ovviamente escluse le performance saltate in qualche modo. Per le foto usate in questa pagina si ringrazia Giulia Balducci.
(di Piero Merola)