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Mentre io rimango incagliato nelle secche delle oceaniche divagazioni anatomiche sui capodogli incluse in “Moby Dick”, i Movie Star Junkies si lasciano indietro Melville per continuare il loro percorso sotto l’ombra malsana di poeti, scrittori, bluesmen e miti di ogni dove. Ma senza andare a rintracciare sterilmente riferimenti letterari, vediamo invece di capire quali suoni, danze ed atmosfere hanno inglobato i Nostri nei porti in cui hanno avuto la ventura di attraccare: leggermente meno spigolosi e fuzzosi, i nuovi brani sono comunque oscuri come rituali sabbatici e alcoolici come canti di rifugiati politici. Si suda anche questa volta, dunque, per l’atmosfera asfissiante da bistrot in cui il pastis scorre a fiumi per esorcizzare qualche destino avverso che avanza inesorabile oltre qualche confine politico o mentale.
Ma mentre fino ad ora abbiamo parlato di letteratura e suggestioni, è arrivato il momento di occuparci delle canzoni. Alcune sono dei r’n’r compiuti e trascinanti come “Under The Marble Faun” e “The Walnut Tree”, altri cupi sabba beefheartiani come “Almost a God” e “Leyenda Negra”.
L’unico problema è che nel finale il gruppo sembra arenarsi nel riproporre i suddetti schemi in forma di canzoni meno convincenti, a tratti quasi stanche. “A Poison Tree” si lascia collocare allora un gradino sotto rispetto al suo predecessore.
Nulla di grave, comunque. Foga, ardore e qualità ci sono ancora tutte nella maggior parte delle canzoni e ne troveremo ancora, ne siamo certi, nel prossimo capitolo.
(Lorenzo Centini)