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La conversione (religiosa e stilistica) di Ferretti per il pubblico indie italiano è un po’ come la tessera nazista di Heidegger per i filosofi: un argomento scontattante, in bilico tra morbosa curiosità e moralistica censura, sul quale non sarà mai fatta chiarezza. Ferretti ama essere individuo, per cosi dire, dividuum (diviso), poeta oggettivo dei vizi umani, degli immutabili stereotipi dell’ombra terrena, e incantato declamatore religioso, della luce della virtù divina. Eremita e pop star. Spirito soggettivo e spirito assoluto. Sono fatti suoi, ma il pubblico non è tutto dalla sua parte. Il suo canto, anno dopo anno, si è fatto più intimo e presuntuoso, predicatorio, infiammando l’indignazione dei fan delusi dalla sua metamorfosi intellettuale o artistica. Ma egli, forte di necessità intrinseche e di verità personali non sempre popolari o fedeli alla linea, com’è giusto che sia, continua il suo percorso schierandosi pubblicamente in questioni politiche e rivendicando la propria indipendenza morale. Come spesso accade, dalla cosciente e legittima differenza nasce una specie di orgoglio, particolarmente insopportabile, avverso alla tolleranza e al pudore, per insolenza o perchè innamorato della propria autoreferenzialità. Ideologie e scelte private, ricordi e meditazioni, sono rifiuti emotivi traformati in liriche verità da ostentare come cifra poetica e spirito. E questa sembra una forzatura di cui i PGR continuano a pagare le conseguenze. Non si tratta del valore etico o politico dei messaggi lanciati dal carismatico e adorato frontman. Il problema è nel senso generale, nella stumentalità a cui la musica sembra, malvolentieri, piegarsi. Ferretti resta il padre del punk italiano, anche se sciorina il suo pensiero reazionario in canzoni che sono manifesti di presunzione poveri di ispirazione (come “Orfani e Vedove”). Torniamo a parlare di queste cose perchè il venerando Franco Battiato ha deciso di mixare alcuni pezzi dei PGR. Ne viene fuori una specie di “best of” chiamato omofonicamente “ConFusione”. Sottotitolo: “9 canzoni disidratate da Franco Battiato”. La disidratazione in questione interessa sopratutto le chitarre di Canali, coattamente epurate dagli arrangiamenti, e la voce di Ferretti, innalzata e gonfiata al di sopra delle parti, in perfetto stile pop. Il lavoro mostra la sua qualità nel primo brano della selezione “Cronaca Montana”. L’effetto è quello che ci decrive Dante nel passaggio dall’Inferno al Purgatorio. Battiato riesce acrobaticamente a prendere tra le braccia i PGR e a rivitalizzare un pezzo potenzialmente morto, così come Virgilio, con in braccio Dante, arrampicandosi sui peli del dorso di Satana, riesce a balzare dall’emisfero boreale a quello australe, dalle tenerbre alla luce. Bastano pochi decisivi movimenti: una batteria serrata, un settaggio di volumi da ballata e un tono cristallino in dotazione alle chitarre danno senso nuovo a un componimento particolarmente interessente sia armonicamente che poeticamente. Naturalmente, c’è chi preferisce l’inferno al purgatorio e chi ama l’originale, di un amore storico, si sentirà spiazzato. Discreto il risultato di “Cavalli e Cavalle”, impreziosita di archi e tastiere. Suona peggio la trasformazione di “Ah! Le Monde”, da cupo esperimento krout rock a canzoncina estiva che riecheggia l’apertura melodica e cantilenante della facile melodia vocale. Sentire Ferretti sentenziare sull’informazione e sulla cultura a tempo con una batteria simil-jungle è davvero avvilente. Oltre qualsiasi giustificabilità di estetica postmoderna di Battiato. La preghiera “Montesole”, che non canta l’amore “che si canta da sé: più lo si invoca meno ce n’è”, si fa più ritmica e articolata, rivelando nuova bellezza e nuove espressioni, meno controriformistiche e oscurantiste. “I Miei Nonni” non splende d’invenzioni rinate o deflagrate all’interno dell’originale, ma cerca di ordinare i suoni, così come un bravo tecnico del suono farebbe: bassi più profondi e voce più chiara. Si tratta di una ballata acustica contrappuntata da uno straziante arco dove Ferretti è straordinariamente poetico. Versi come “è un prezzo, il suo prezzo, l’accetto, lo pago, l’apprezzo” riequilibrano il tenore lirico del componimento in altri passaggi imbarazzante, come quando ricorda la bellezza della nonna. Battiato poi cerca il miracolo. Trasformare l’odiosa e caciarona “Orfani e Orfane” in un gioiellino à la “Stranizza d’Amuri”. E quasi quasi ci riesce. Ferretti sembra meno arrogante e i PGR appaiono più pacificati. Che sia un bene o no lo decideranno i pregiudizi degli amanti del gruppo, visto che, probabilmente, l’album non sarà ascoltato da neofiti come magari qualcuno alla Universal si aspettava. Divertente.
(Giuseppe Franza)
Collegamenti su Kalporz:
P.G.R. – Concerto al Vox (18.11.2004)
P.G.R. – Speciale “D’anime e d’animali”
P.G.R. – Per Grazia Ricevuta
P.G.R. – Intervista (7-8-2002)
C.S.I. – la Kalporzgrafia
CCCP – la Kalporzgrafia
04 agosto 2010