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Guidando verso Milano per vedere gli Interpol nell’unica data italiana del tour 2010 la paura è grande. Il timore di trovare una band sul finire della propria epopea, di assistere agli ultimi giorni dell’impero dark degli anni 2000. Sì, perché gli Interpol, si sia amanti o detrattori, non sono stati una band qualunque per chi si è formato musicalmente nell’ultima decade: al di là delle chiarissime, e fatte rilevare fino alla noia, derivazioni eighties, gli ex quattro di New York hanno, per una parte rilevante, contribuito a definire il suono di questi anni, dei nostri anni. Paure quindi, in gran parte derivanti dalla notizia, ormai nota, dell’abbandono di Carlos Dengler, ma amplificate dalla convinzione che un repertorio come quello degli Interpol, colmo di spleen romantico, necessiti, in particolare live, di una intensità espressiva difficilmente conciliabile con un clima da “tutti a casa”.
Sia chiaro, chi scrive ritiene, contro l’opinione diffusa, l’ultimo album omonimo una buona prova, in particolare l’ipotetico “lato A”, ma la prova sul campo mostra usualmente lo stato creativo ed emotivo di una band, ed i nostri non hanno lasciato un buon ricordo qui in Italia nell’ultima visita.
Di fronte al Palasharp gli hamburger sono pessimi ma il clima è per alcuni versi addirittura euforico: nonostante tutto nel nostro paese band del genere non passano con elevatissima frequenza. All’interno il palazzo non è ancora pieno, e molti si stanno ancora ambientando, chiacchierando e bevendo birra, quando iniziano i Surfer Blood, special guest o, più prosaicamente, gruppo-spalla della serata. Il pubblico, piuttosto maturo ed apparentemente competente, non sembra a disagio nel constatare come il cantante faccia d’angelo del gruppo proveniente da West Palm Beach potrebbe essere la persona più giovane tra i convenuti, ed apprezza i surf-shoegaze dei cinque della Florida.
Il set scorre via rapidamente senza in verità lasciare grandi tracce, anche perché tutta l’attenzione è concentrata sull’ingresso imminente dell’ormai trio (o quintetto) newyorkese: l’apertura, tra gli immancabili flash, è affidata alla prima traccia dell’ultimo album, la notevolissima “Success”. Purtroppo Paul Banks è piuttosto freddo, ed il pezzo, uno dei più oscuri ed intensi del repertorio dai tempi di Turn On The Bright Lights, ne risente non poco. L’inizio è in generale piuttosto contratto e allora “Say Hello To The Angels” permette di far divertire la sala senza eccessivo impegno, con il minimo sforzo. È a questo punto che il biondo frontman cambia marcia e, scaldata la voce, propone un’ottima “Narc”, una sorprendete “Legth of Love”, ed una impeccabile “Summer Well”, canzone che su disco risulta un po’ già sentita, ma che live mostra grande potenziale. Da qui in poi la serata prende il volo ed una scarica di classici ipnotizza gli astanti che di fronte ad un tale repertorio, in cui i nuovi pezzi sembrano amalgamarsi perfettamente con i vecchi,”Rest My Chemistry”-“Slow Hands” rappresenta probabilmente il picco dell’esibizione, con un Daniel Kessler sugli scudi, ed un accenno di pogo nelle prime file, ma è nel complesso di una decina di pezzi, in cui si snoda la parte centrale del concerto, che risulta chiara la sensazione di una band tutt’altro che alla fine dei suoi giorni migliori, ma al contrario oramai completamente padrona dei propri pezzi ed in grado di renderli al meglio come con la splendida “NYC” e nel passaggio “Lights”-“PDA”, ben coadiuvata dal compitino svolto da David Pajo al basso. Menzione a parte è necessaria per Sam Fogarino il quale, costantemente avvolto in una nuvola di fumo, costruisce per intero il suono Interpol, ed assesta assieme a Kessler il colpo finale “Memory Serves”-“Not Even Jail” ad un pubblico deliziato ed un po’ stordito.
È passata solo un’ora quando rientrano sul palco i soli Banks e Kessler per proporre una commovente “The Lighthouse”, per il finale della quale prende posto anche il resto del gruppo in un crescendo di intensità e compattezza quasi sorprendente. L’ultima scossa è affidata alle certezze di una “Evil” in verità un po’ sottotono, ed a “The Heinrich Maneuver”. La perentoria domanda “How are things on the West Coast?” risuona ancora per le strade di Milano.
Ed in effetti le cose vanno bene, anche se sulla East Coast: gli Interpol dopo un inizio stentato dimostrano, nonostante il tentativo di numerosi Soloni indie di metterli ufficialmente fuori da giro, di essere, ancora, una delle migliori band al mondo.
Scaletta:
Success
Say Hello To The Angels
Narc
Length of Love
Summer Well
Rest My Chemistry
Slow Hands
C’mere
NYC
Barricade
Take You On A Cruise
Lights
PDA
Memory Serves
Not Even Jail
The Lighthouse
Evil
The Heinrich Maneuver
Collegamenti su Kalporz:
Interpol – Interpol
Interpol + dEUS – Concerto a Piazza Castello, Ferrara (15.07.2008)
Interpol + Blonde Redhead – Concerto a Sashall, Firenze (12.11.2007)
Interpol – Our Love To Admire
Interpol– Concerto al Vox (Nonantola – MO) (17.04.2005)
Interpol– Antics
Interpol– Concerto al Transilvania (Milano) (14.04.2003)
Interpol– Concerto al Rolling Stone (Milano) (01.11.2002)
Interpol– Turn On The Bright Lights
(Francesco Marchesi)
30 novembre 2010
foto in home di Francesco Castaldo