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“Ritmu Novu” si colloca sulla strada del Fabrizio De André degli anni Ottanta, quello più sensibile alle influenze popolari mediterranee. E, come accadeva per il grande Genovese, la musica di Zona Briganti finisce per aprirsi ad un orizzonte più vasto rispetto a quello nativo (in questo caso la Calabria e la sua tarantella), coprendo il fronte dei “paesi caldi” con un linguaggio fruibile da un pubblico allargato. Il punto di partenza è la musica tradizionale calabrese, ma si avverte dietro uno riuscito lavoro di ammodernamento e internazionalizzazione attraverso gli strumenti della canzone italiana d’autore e del più moderno etno-rock, che proietta nel futuro la musica popolare senza snaturarne le radici. Lo si capisce fin dall’inizio, dagli accattivanti accordi di “Pedi E Poeta”, un pezzo di disarmante semplicità, pressoché elementare, i classici due o tre accordi, ma di quelli che fanno centro. Anche De André faceva di questi scherzi con il suo “cantar recitando”.
Scoperti da Eugenio Bennato, i nostri esordiscono dal vivo nel 2005. Appena quattro anni dopo vincono il premio Radici Etnocontest 2009. In mezzo tanti concerti e due album: “Zona Briganti” e “La Nostra Terra”. I membri del gruppo passano da cinque a otto: una autentica compagnia di musica e ballo più che una classica band. Mentre i testi per lo più attingono in vario modo alla tradizione, la strumentazione esibisce un incredibile equilibrio fra antico e moderno, fra il suono della lira calabrese e quello della chitarra elettrica (suonata da Tiziano Sposato in modo sempre appropriato e mai invadente), fra gli archi, i fiati e i ben meditati inserti elettro-sintetici di Angelo Sposato, anche responsabile di una produzione artistica alla quale va attribuito il giusto merito nella riuscita del disco. Se nella pausa strumentale di “Re Niliu”, nell’inizio di “Gigantaru” e in “Ritmu Novu” affiorano piacevoli ricordi etno-pop dei primi Mandara, “Il Volto Dell’Ecuador” (in ricordo del tour sudamericano del 2009) è pura festa folk, con un ritornello in spagnolo tratto da Garcia Lorca. La cover di “Malarazza” di Domenico Modugno è in un certo senso il compendio di tutto il progetto: come già altri musicisti del Sud come Peppe Voltarelli o Ginevra Di Marco, anche Zona Briganti rende omaggio a chi non solo elevò per primo in Italia il dialetto a lingua della canzone d’autore, ma lo sparò diritto nell’etere di tutto il mondo. “The path is clear”: da Modugno ai Briganti, passando per De André, la globalizzazione a volte produce qualcosa di buono. Che in questo caso porta il nome di Andrea Vizza (voce, lira calabrese e organetto), Roberta Castellano (voce), Tiziano Sposato (chitarre), Luigi Vizza (chitarre), Enrico Vizza (percussioni), Massimo Citino (fiati), Andrea Minervini (basso), Maria Chiara Alessio (cori).
(Federico Olmi)
Collegamenti su Kalporz:
Mandara – Mandara
Mandara – Alatul
Mandara – Bisanzio
Fabrizio De André
30 novembre 2010
2 Comments
fallico pierpaolo
bellissima recensione, il disco mi è piaciuto molto,l’ho comprato in feltrinelli a torino, grande lavoro briganti.