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Arriva sul palco vestito come un impiegato della City, completo scuro, cravatta e cappello in tono, borsa in pelle, un po’ da dottore in verità.
E lui un po’ omeopatico lo è, ma forse non lo sa…
La pipa in bocca (fedele rimando della cover del nuovo album “Bang goes the knighthood”) e lo sguardo vagamente liquido sono due indizi un po’ troppo caricaturali per un impiegato della City, ma sono del resto efficaci per far comprendere che qui si parla di un dandy moderno di nome Neil Hannon, che gioca ancora a nascondersi dietro ad una sigla (Divine Comedy) che ha evidenti legami col nostro paese.
Italia che l’uomo di Londonderry ha sempre tenuto un po’ in disparte dalle sue rotte live e del resto non si può dire che la stessa Italia lo abbia cercato con frequenza: magari in queste quattro date italiane (anche a Roma, Torino e Milano) è scoppiato un amore, la Penisola è sempre una bella signora (e se è una “Lady of a certain age” li nasconde con classe), lui ha 40 anni ben portati.
Comunque, per usare un francesismo che tanto Hannon adora, noi ne vogliamo a pacchi.
Per i suoi 40 anni ben portati? Più che altro, per i suoi 40 anni pieni di genio e di canzoni pop memorabili, che in più di 15 anni di carriera mai ci ha fatto mancare.
Al 99% di persone che nel mondo non conosce Neil, uno dei membri del club Un Per Cento deve qualche spiegazione.
La cifra stilistica Divine Comedy si dipana lungo delle direttive che hanno come riferimento un certo pop che va dai Beatles a Burt Bacharach, da Scott Walker a Georgie Fame, per poi rinculare nel tempo fino a fenomeni tipicamente britannici di certo vaudeville à la Noel Coward. Musiche sofisticate, sovente flirtanti con arrangiamenti barocchi se non rococò, atmosfere solenni alternate a momenti a volte di gioco, a volte più strettamente rock (Bowie è un buon referente).
Sia negli album che nelle non frequentissime esibizioni dal vivo, Hannon si è presentato con corpose sezioni archi, quando non intere orchestre sinfoniche. Questa magniloquenza è da sempre bilanciata da una struttura dei brani mai banale, sempre alla ricerca della nota che sorprende, che ammalia, che ferisce, che commuove, che muove al sorriso, che turba fino alle viscere.
Ecco, in questa tournée Hannon lascia la magniloquenza in qualche soffitta (incartata con il cellophan, può sempre servire di nuovo) e si offre a noi con un piano e una chitarra, che è come mettere le sue creature ai raggi X della semplicità e dell’umiltà, infarcendole con sublime leggerezza, ironia ed una certa beatitudine alcolica.
Il risultato sta in un emozione lunga più di 20 canzoni, prese da un repertorio talmente sterminato che avrebbe potuto suonare fino a mattina e noi non ci saremmo stancati mai, “felt unconcious” dal bacio del suo genio.
In tanti abbiamo riso, un tipo del pubblico ha fatto il “gorgeous” controcanto a “Songs of love”, un altro una barzelletta a corollario di “Can you stand upon one leg”, abbiamo fischiettato la Marsigliese in “The frog princess”, trattenuto il fiato nel racconto dickensiano dell’immensa “Our mutual friend”, ci siamo inteneriti nel crepuscolo di “A lady of a certain age”, visto il quinto Beatle in “Perfect lovesong”, immersi nell’amara cavalcata di “The plough”, ballato con la buffa cover di “Don’t you want me” degli Human League.
Ci siamo guardati in faccia, alla fine. Facce di gente che avevano appena visto un’apparizione. Una specie di Fatima di Londonderry, un mistero che è un peccato tenere segreto…
(Max Cavassa)
Collegamenti su Kalporz:
Divine Comedy – Victory For The Comic Muse
Divine Comedy– Absent Friends
Divine Comedy– Liberation
Divine Comedy– Promenade
Divine Comedy– Casanova
Divine Comedy– A Short Album About Love
Divine Comedy– Fin De Siècle
Divine Comedy– A Secret History – The Best Of Divine Comedy
Divine Comedy– Regeneration
Divine Comedy– Live a Londra (11-5-2001)
Divine Comedy– Concerto al Goa Boa Festival di Genova
foto di Darkmavis
13 dicembre 2010