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E’uscito da pochi mesi il suo terzo album da solista “L’estinzione di un colloquio amoroso”. Insieme a lui anche in questo progetto Gigi Cavalli Cocchi (batteria), Erik Montanari (chitarra) e Cristiano Roversi (basso-stik) che contribuiscono ad amalgamare in modo ottimale i recitativi di Zamboni con la loro musica. Quattro amici, come emergerà anche nella chiacchierata con l’ex CCCP, musicisti con cui condivide una terra d’origine in comune, l’Emilia, le sue radici, la sua voglia di continuare a fare musica al di fuori di schemi commerciali e patinati.
La tua musica, la musica rock e in passato il punk, sono per definizione vigorose e forti. Una musica che scuote. In questo lavoro la tua musica è sommessa, il tuo cantato sussurrato. La rabbia dei CCCP lascia posto alla riflessione. Mi sembra che questo disco rappresenti non solo, il continuo dei primi due, ma anche la conferma del fatto che hai trovato un tuo percorso musicali ben definito.
Questo terzo album chiude in un certo senso un cerchio, un percorso; ma ne apre allo stesso tempo un altro. “Sorella Sconfitta”, “L’inerme è imbattibile” e “L’estinzione di un colloquio amoroso” non sono altro che la stessa cosa; svolte solo con modalità differenti. A breve uscirà per la casa editrice di poesie Donzelli di Bologna un libro dal titolo “Prove tecniche di resurrezione” contenente tutti i testi dei 3 dischi. Un manuale che narra delle prove tecniche di resurrezione dell’essere umano, del suo continuo tentativo di risollevarsi. Del suo essere goffo e impacciato in questo vano percorso destinato alle divinità e non a chi è fatto di carne e ossa. Un libro che non parlerà tanto di me, quanto della realtà dell’essere uomini insieme, di quanto sia possibile risorgere continuamente battuti. Ho voluto scavare ancora di più sulla musica e calcare invece sulle parole per far emergere questo concetto. Dalla grande abbondanza di “Sorella Sconfitta” ho pensato che sarebbe stato opportuno approfondire meglio, dal punto di vista stilistico, questa modalità di espressione. L’estinzione toglie, non deve essere solo un gioco di parole. La copertina raffigura una cassa toracica vuota, scarnificata, che racchiude qualcosa di acceso. La cosa che colpisce di più però, non è il cuore, ma il grande vuoto che lo circonda. Un vuoto di scoperta e una prigione: le costole rappresentano le celle da cui non usciremo mai… una prigione di tutto ciò che amiamo, facciamo, speriamo per noi e per gli altri. Questo album non è altro che un viaggio consapevole all’interno di questa prigione. Allo stesso tempo, c’è una grandissima espansione contenuta in esso: conoscere la prigione che ci contiene, equivale ad avere le chiavi per aprirla mentalmente. La conoscenza è la vera liberazione: ciò che persegue questo album
La conoscenza della fragilità come conoscenza dell’indistruttibilità. E’ quello che avevo già avvertito ascoltanto “l’inerme è imbattibile”. Colui che si ribella alle emozioni è già perso in partenza.
E’ così. Diciamo che la versione leggera di questo concetto -commenta sorridendo- è il coyote che si butta continuamente dal Grand Canyon, che tutte le volte si rialza nonostante sappia già in partenza di non potercela fare. E’ indistruttibile. E questa è la vera parabola dell’uomo: il fatto di essere continuamente calpestati gli uni dagli altri ma di farcela sempre a rialzarci. L’uomo è forte, non è una razza in estinzione. E la nostra forza non è il dominio, la rapacità, ma la capacità di amarci gli uni con gli altri. Di avere la capacità di rapportarci al cielo e alla terra con una mano non necessariamente predatoria e di saper piangere per qualcuno che non vedremo mai. Anche se la maggior parte della gente non si pone con questo atteggiamento, io, continuo a pensare che bastano anche pochi voci per farsi sentire nel coro. Non credo alla dittattura della maggioranza. Credo che ci sia una verità e non centomila e che noi siamo spinti da questa verità per un mondo, che non vedremo ne io, ne te, ne chi leggerà questi articoli.
L’abbandono, il vuoto, la solitudine di cui parli li ho visti anche negli arrangiamenti e negli arpeggi di chitarra presenti nel disco. Ma ho intravisto anche la speranza: simboleggiata da una luce sorretta dalla cassa toracica, la luce della parola. Segno permanente sulla nostra epidermide.
E’ proprio così. La parola che si fa spirito, tramite…. Una parola a cui ho voluto dedicare
particolarmente spazio in questo album, caratterizzata da forza e messaggi ben precisi. Per chi ha voglia di ascoltare. Non posso pensare che sia un album che piaccia a tutti questo, poiché mi rendo conto che è decisamente controcorrente. Non perchè io ami esserlo anzi… Ma è così. Suona quasi come una bestemmia in certi contesti.
Sicuramente i nuovi reality, le proposte musicali che passano radio e tv non aiutano a farci aprire la mente a proposte differenti da quelle più commerciali. Oggi, la musica è sempre più un surrogato commerciale, una colonna sonora da cinepanettone… Se hai una faccia da furbacchione, se sei stonato ma telegenico puoi sfondare, vincere… Siamo in un mondo in cui si grida. In cui serve aggressività per farci ascoltare. Tu sussurri messaggi con la tua voce flebile ma potente. Certo che suona strano ma io lo leggo come qualcosa di potente.
Sai, la vittoria la vedo come un momento solitario che ti taglia fuori dal resto dell’umanità. Al di là della nicchia di adoranti che guarda questi programmi continuo a pensare e a sperare, che i restanti 5miliardi di persone non guarderanno mai queste proposte e non ne verranno influenzati. Io non desidero comunque questo. Desidero parlare anche a poche persone guardandosi però negli occhi, tra esseri umani adulti, maturi. Il problema non è fare più concerti o vendere più dischi: il problema è diventare uomini, nel vero senso della parola.
”Le case discografiche, la pirateria su internet, i network, il disinteresse di chi non ha mai considerato certa musica come un patrimonio culturale. Tutti hanno collaborato al suo declino. Ma le responsabilità passano anche da chi ha disabituato la gente al suo ascolto, a chi ci ha fatto dedurre che la musica non è un valore” questo scrive il tuo batterista Gigi Cavalli Cocchi su di un quotidiano. Io mi sento molto d’accordo con lui e mi sento arrabbiata con quei locali che fanno suonare band emergenti per due lire, che richiedono loro di portare amici, che offrono una birra come merce di scambio. E poi, la settimana dopo, pagano fior di quattrini una tribute band che riempie la sala…
E’ così, ne sono consapevole, ma credo che il pubblico dovrebbe esigere di più dai propri artisti. Un musicista suona per se ma c’è modo anche di pensare che rappresenti la propria comunità. Quando suono io ad esempio, mi sento che sto facendo da tramite tra il pubblico e una serie di sistemi che vanno oltre me e alle persone presenti. Che poi qualcuno non voglia accettarlo è legittimo ma è tutta un’altra cosa. Il pubblico dovrebbe volere di più di una bella faccia strafottente sul palcoscenico, perchè avrebbe la possibilità di crescere, come persona e come collettivo. Gli stessi musicisti dovrebbero esigere di più anche da se stessi. E’ impensabile di continuare a scimmiottare stereotipi provenienti dagli Stati Uniti o l’ultima moda del momento o continuare a suonare cover. Viviamo una sola volta e sarebbe bellissimo poter suonare qualcosa di diverso dai pezzi dei Beatles o dei Pink Floyd . Ciò che penso, è che viviamo una sola volta e sarebbe bellissimo poter imparare a suonare qualcosa di diverso dai Led Zeppelin: attenzione, è meraviglioso farlo, a me piacerebbe moltissimo saperlo fare ma poichè mi riesce bene, mi concentro su altro. Abbiamo la possibilità di poter rappresentare un mondo, di essere da tramite tra le persone che conosciamo ed e sarebbe un grandissimo peccato non voler approfittare di tutto questo. Non c’è crisi del cd, discografica o problemi legati a radio e giornali che ce lo possa impedire. E’ un ruolo antichissimo quello di fare da tramite alla tua comunità. Allo stesso tempo giornali, tv e radio non hanno alcuna idea di ciò che viviamo ma contribuiscono a dare solo più visibilità a chi ha già odiens. Che è una cosa sciocca, inutile. 15 anni fa in radio si potevano ascoltare bellissimi brani di musica tedesca di 15 minuti senza nessun cantato, oggi, questo concetto di musica è andato per sempre, non tornerà più. Si è persa quella naivetè di fondo, si è corrotta irrimediabilmente… Dovremmo reclamare tutti insieme certi valori fondamentali.
Sei sempre stato molto vicino al sociale e queste tue parole ne danno l’ennesima conferma. Chi ti conosce ha potuto vedere anche interessanti documentari dove mettevi in luce certe realtà disagiate. Oggi ritorni con un nuovo progetto di integrazione e comunicazione. E il 18 è stato il debutto. Puoi spiegare meglio di cosa sto parlando.
Ho partecipato ad un progetto patrocinato dal Comune di Reggio Emilia chiamato la “Giornata del migrante” e sabato 18 dicembre alle ore 21, presso la Comunità Cristiana Evangelica di Via Umberto, 2 a Reggio, ho tenuto un concerto dal titolo “Emiliani Recenti”. Un evento musicale aperto a tutti e gratuito. Un’occasione davvero particolare perchè alla mia band si unisce il coro gospel “More than conquerors”. Il fatto che io sia attento a certe dinamiche sociali deriva dalla mia convinzione, che chi fa arte oggi, più che mai, debba essere in grado di confrontarsi con i temi della società in cui vive. Il tema dei nuovi arrivi è un argomento molto importante anche per chi abita a Reggio Emilia e lo è, altrettanto, il saper uscire dai mugugni generali cercando confronto.
Entrare liberamente nel luogo di culto di questa gente significherà aprire le porte alla speranza, alla volontà di cercare confronto attraverso la musica. Sarà il n.zero di un mio nuovo progetto che vedrà coinvolte diverse comunità straniere insediate nella provincia reggiana.
(Gloria Annovi)
Collegamenti su Kalporz:
Massimo Zamboni – L’Estinzione di Un Colloquio Amoroso
Massimo Zamboni – Concerto al Teatro al Parco (Parma)
Massimo Zamboni – L’inerme è l’imbattibile
Massimo Zamboni – Concerto al Cinema Rosebud (Reggio Emilia)
Massimo Zamboni – Sorella sconfitta
21 dicembre 2010