Share This Article
A distanza di appena un anno dal precedente “Under and under” torna sulle scene Blank Dogs, ovvero l’oscuro progetto dietro cui si cela il poli-strumentista Mike Sniper. “Land and fixed”, questo il titolo del secondo lavoro, risulta appena più solare rispetto alle atmosfere post-punk, new wave e claustrofobiche del suo predecessore. Di sicuro il musicista di Brooklyn anche per questi dodici brani che compongono il nuovo disco ha attinto a piene mani dalla new wave classica dei primi anni ’80, rielaborando il tutto in una chiave stilistica più moderna e, almeno in parte, personale. Non tanto per quanto riguarda la struttura dei pezzi, che rimane piuttosto prevedibile, ma soprattutto con una sorta di “restauro” dei suoni. La formula comunque, come era accaduto nel 2009 per il disco d’esordio, si rivela assai accattivante e funziona. Però le differenze tra i due lavori si trovano, anche se minime. Prima di tutto “Land and fixed” appare dalle prime note molto meno lo-fi, dando così un contributo importante a quelle sonorità più solari a cui si accennava poc’anzi. Inoltre le chitarre cupe di tanti brani di “Under and under” diminuiscono tra i solchi del nuovo disco, lasciando maggior spazio alle parti vocali, anche queste dalle tonalità appena più pop rispetto al passato. Quello che ancora stupisce è la scioltezza e la efficacia con cui Sniper compone i suoi brani. E’ vero che come detto ci sono tanti elementi derivativi, ma è anche vero che riuscire a far funzionare un pezzo non è mestiere di tutti. E “Land and fixed” funziona eccome e scorre gradevole dal primo all’ultimo pezzo. Con il brano d’apertura, con “Goes by”, si ha come l’impressione che il poli- strumentista di Brooklyn esca, anche se di poco, dall’oscurità che invece avvolgeva il suo esordio. Nella buona qualità media del disco risalta in particolare “Another Language”, che invece suona più classicamente Sniperiana.
Alla fine dei conti si può dire che questo album sia il fratello maggiore di “Under and under”, stessa formula con qualche variazione sul tema, ma complessivamente più maturo e maggiormente “a fuoco”. E si deve concludere che, in mezzo a tanti dischi che si sentono in giro, un lavoro così è senz’altro da promuovere.
60/100
(Francesco Melis)
26 gennaio 2011