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Non so se avete presente il finale de “Le Ali della Libertà” quando [spoiler] Andy Dufresne ritrova, su una spiaggia dalla bellezza caraibica, il suo amico nero “io-sono-quello-che-vi-procura-la-roba” e gli sorride, finalmente libero e con una nuova vita davanti. Ecco, il nuovo disco di Iron & Wine è così: è un approdo salvifico, un’isola in mezzo al mare, un luogo non-luogo dove la consapevolezza assume il valore della serenità.
Ci si aspettava che il barbuto Samuel Beam rimanesse per sempre confinato in quel folk americano (comunque bellissimo) delicato e ancorato saldamente alle radici dell’interno degli States, e invece con “Kiss Each Other Clean” il professore prende un volo per atterrare in aeroporti non usuali (per lui), inevitabilmente lontano da casa. E lo dice subito, all’inizio: “Walking Far From Home” introduce i paesaggi accecanti e soleggiati che ritornano in tutto il disco con quella voce con l’effetto flanger che diventa ancora più marcato in “Rabbit Will Run”, dove la fanno da padrone marimba, percussioni e flauti (!). Le vocalità corali sono inenarrabili, perfette nel creare l’ambiente sonoro, mentre i signori musicisti si stravaccano e divertono tratteggiando assoli assolutamente liberi che si intrecciano senza sosta (vedi finale di “Monkeys Uptown” e di “Big Burned Hand”). Anche quando Sam Beam si ferma un po’ a rimembrare sul tempo trascorso (“Half Moon”) è come sempre coerente, l’importante è che non ci si crogioli troppo sopra (“Tree By The River”, un po’ stucchevole). Del resto queste uniche ripetizioni si “perdonano” volentieri se poi arrivano, a sorprendere, canzoni come “Glad Man Singing” che riportano in un tempo indefinito dove le ballate acide folk degli Anni Sessanta non hanno finito di ricrearsi e ri-manifestarsi nel loro splendore o “Godless Brother In Love”, che pare suonata su una nuvola.
Viene voglia di andare a giocare a tresette con Sam sotto il classico baracchino ascoltando “Kiss Each Other Clean”, o meglio viene naturale ripensare a quante volte, la musica, ci ha riportato in dimensioni in cui avremmo voluto essere e ci ha fatto dimenticare per attimi più o meno lunghi le nostre occupazioni quotidiane, il nostro piccolo fluire.
Ma, probabilmente, noi esistiamo anche perché esistono dischi come questi. O, meglio, esistiamo in dischi come questi.
83/100
(Paolo Bardelli)
Collegamenti su Kalporz:
Video – Iron & Wine, “Teeth In The Grass” (15.01.2011)
Caspiterina! – Camminando lontano da casa Beam (30.11.2010)
News – I baci innocenti di Iron & Wine (13.10.2010)
Iron & Wine – The Shepherd’s Dog
Iron & Wine – Woman King
Iron & Wine – Our Endless Numbered Days
27 gennaio 2010
1 Comment
Claudio Fontani
Ottima recensione di un disco gustoso.