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Ed eccoci a a parlare dell’ultimo capitolo scritto dal campione del rock melodrammatico per pianoforte, dove la canzone gotica americana lambisce AOR rassicurante e grunge invecchiato in botti buone. Non che avessi mai strappato le mie vesti per Greg Dulli, grande autore e buon truffaldino, in grado di piazzarti con la stessa disinvoltura diamanti e vetri di bottiglia senza che se ne riesca a capire la differenza. Solo che quando uno ti racconta sempre la stessa storia, finisci per convincerti che sia veramente sincero.
Così a questo giro l’operazione tutta finisce per conquistare da subito, complici una maggiore asciuttezza negli arrangiamenti e le aspettative per il nuovo ruolo di Nick McCabe, il miglior chitarrista psichedelico degli ultimi decenni, nei suoi vertici secondo solo a Hendrix e Asheton (non ammetto repliche). A dire il vero, qui l’ex Verve è solo una comparsa timida, tra svolazzi seducenti e assolacci hard dal gusto pacchiano. La scena, com’è giusto che sia, è quindi tutta del padrone di casa. Uno in grado di cantare una ballata pianistica per far tremare le gambe alla donna amata (“Get Lucky”) e di farla seguire a una ruvida corsa notturna, “Waves”, dove i trascorsi grunge e il nuovo (?) ed entusiasmante (!) corso del rock’n’roll figlio dei QOTSA sfocia in una melodia epica ed ecumenica con la voce rotta dall’emozione. Ehi, Bono Vox, ti ricordi come si faceva?
Ancora gli U2, come spesso accade nella discografia del Nostro, sono un valido metro di paragone per brani come “Gunshots”, rimanendo però ben lontani dalla recente muffa degli irlandesi.
Si parla molto della collaborazione di Ani Di Franco per il brano “Blackbird and The Fox”, ma si rimane nei canoni di una certa canzone folk americana senza infamia né lode.
Episodi sopra la media invece ce ne sono tre. L’iniziale “Last Night in Town”, dio che titolo, strizza una melodia fragilissima portandola dove nessun altro rischierebbe per non cadere nel ridicolo, mentre Dulli ne fa uno dei brani migliori ascoltati negli ultimi mesi.
“The Beginning of the End”, pomposa, sdolcinata e sensuale come il miele, sorprende e riscalda con dei falsetti a fior di pelle alla Marvin Gaye.
“She Was Stolen”, invece, è semplicemente così bella che è inutile parlarne. Riusciranno a breve i R.E.M. a regalarci ancora emozioni come queste?
70/100
(Lorenzo Centini)
28 febbraio 2011
1 Comment
Stefania
Recensione di gran classe… come sempre! Bravo Centini