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Era importante tornarci su. Non si poteva lasciar cadere definitivamente il discorso sull’ultimo dei Radiohead, un disco così importante e comunque controverso (in uscita in formato “fisico” il 28 marzo 2012). Ecco cosa ne pensano, ora, sette scribacchini kalporziani.
Hanno iniziato a sfilarsi dalla mischia, a chiamarsi fuori dai giudizi universali, a non rispondere al bat-segnale di un popolo idolatrante e piagnucoloso sempre bisognoso di essere salvato da se stesso. Fanno le prove generali di flusso produttivo, senza più la diga dell’album a separare le note.
Ora è il momento delle istantanee sonore, degli acquerelli pomeridiani, perché i cicli affrescati costano troppa fatica. Certo, loro possono permetterselo. Però, come inizio di vecchiaia, promette bene. (Stefano Folegati)
Di “King Of The Limbs” parecchie cose non mi hanno pienamente convinto. Innanzitutto la strategia promozionale. Ma perchè ripetere nuovamente quanto già fatto, cercando a tutti i costi l’effetto sorpresa (che non sorprende più tanto) e mettendo su questi labirintici sistemi di vendita differenziata? Mistero.
E la musica? Nel complesso un po’ tirata via, la solita ricerca maniacale del suono perfetto, a questo giro parecchio “liquido” e elettronico, ma canzoni poche, pochissime. Forse un po’ annoiati del loro stesso mestiere, forse troppo presi ad origliare quello che oggi si dice in giro, ma questi Radiohead appaiono impalpabili e anche un po’ indolenziti.
Thom, ti prego, smetti di ballare. (Francesco Giordani)
Non è un LP. E’ un’istantanea fugace che lascia straniti per i suoi ritmi, l’autentica attualità dei suoni e un’evanescenza paradossalmente intensa. (Piero Merola)
Difficile dire se i Radiohead stiano virando verso un intelligente intrattenimento di qualità o se abbiano ancora qualche sorpresa in faretra. Di sicuro “The King of Limbs” è un album per il radiohediano medio, né per il vero fan, né per l’ascoltatore dell’ultim’ora: meno disteso e più elettronico di “In Rainbows” (per fortuna), relativamente inquieto rispetto ad “Hail to the Thief”, non, ovviamente, un capolavoro come la magnifica triade.
Un album, nietzschianamente, per tutti e per nessuno. (Francesco Marchesi)
I Radiohead si divertono a fare scherzi. Anticipano di un giorno la data del download, svelano durante la settimana la quantità di pezzi presenti, si nascondono da occhi indiscreti. E lo scherzo continua con “The king of limbs”, in quanto si presenta come un prodotto brutto, frettoloso, dimesso, a tratti noioso. Ascoltando il primo singolo estratto, “Lotus flower”, tutta la grande attesa era scemata, tanto che pensavo di trovarmi di fronte al nuovo disco solista di Thom Yorke. “Morning Mr. Magpie” è un pezzo scartato da “Hail to the thief”, ovvero una C-Sides. Eccetto “Codex”, grandissima ballata al pianoforte, mancano i pezzi memorabili, quelli che ci hanno fatto amare i Radiohead. Stavolta non è l’ennesimo loro capolavoro. (Matteo Ghilardi)
Alla fine dell’arcobaleno si trova sempre una pentola colma di monete d’oro. Riconosciamo il valore di queste otto composizioni. (Nicola Guerra)
Un’unica cosa mi è rimasta nella penna della recensione: a “The King Of Limbs” manca, in effetti, un po’ d’impatto. Ma è voluto. E’ un album liquido nel senso che intende Bauman, è un disco fatto apposta per essere suonato dalle casse minuscole di un laptop che sdogana, per certi versi, la dubstep al grande pubblico. Un disco di piccoli impulsi che probabilmente sarà considerato di valore minore rispetto ai precedenti, ma che ha una sua personalità. E non è da tutti avere una personalità. (Paolo Bardelli)
Collegamenti su Kalporz:
Recensione di “The King Of Limbs”
23 marzo 2011
5 Comments
matteo maioli
The King of Limbs lo vedo come un EP come potevano essere i vari I Might Be Wrong e Running From Demons: avrei incluso, anche se di un paio d’anni precedenti, le splendide Harry Patch e Twisted Words per dare magari più varietà al disco..
Lotus Flower Codex e Give Up The Ghost sono la triade da ricordare, ma In Rainbows è decisamente superiore. Cmq (forse) sono sempre i più grandi!
Matteo Marconi
Ottima idea questi highlights di recensione.
Dà l’idea del fallimento del progetto ( dei radiohead).
E io ne godo.!
David
Effettivamente una rilettura era neccessaria, era giusto fare passare un po’ di tempo, il tempo necessario per capire che il disco non cresce con il crescere degli ascolti. Purtroppo credo che sia il primo passo falso dei Radiohead, infatti (quasi) nessuno ne parla neanche piú. Forse tutta quest’ansia di essere rivoluzionari da un punto di vista del marketing ha penalizzato quello che davvero conta, ovvero la musica?
Piero
A costo di andare controcorrente vi dirò: A me King of Limbs non è dispiaciuto. L’impressione che ho avuto dopo qualche ascolto è di un disco sicuramente più atmosferico dei precedenti; a mio (modestissimissimo) parere i Radiohead oramai si sono definitivamente distaccati da quell’alone di forzatura che le etichette impongono e hanno raggiunto una maturità musicale, nonchè una indipendenza economica che non guasta mai, che permette loro di sperimentare e di dedicarsi a quello che scelgono senza vie obbligate da percorrere.
Certo, Kid A o Amnesiac sono biscugini di quest’ultimo album, ma mi piace vederlo come un percorso di un gruppo che pur suonando da più di 20 anni riesce sempre a suscitare reazioni, positive o negative che siano. E, purtroppo, questo non è sempre scontato.
Alessandro
Dalle casse del mio laptop continua ad uscire, almeno una volta al giorno, ogni giorno dalla data di uscita del disco, il suono originale e non pretenzioso degli ultimi Radiohead. Non sono stato per nulla deluso.